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11 ago 2011

Parlare con i ragazzi

di Luciano Caveri

Anche oggi trovo inutile occuparmi del "tonfo" della Borsa, che non ha creduto nel pistolotto di Silvio Berlusconi. Troppe volte anche in Consiglio Valle avevo detto che certi ottimismi a Roma nascondevano la realtà. «Ora pro nobis» e scrivo d'altro. La normativa in Italia, malgrado gli effetti annuncio degli anni passati su di un possibile spostamento a 18 anni, è sempre la stessa e impedisce a chi abbia meno di 16 anni - codice penale alla mano - di comprare e di consumare alcolici. Nella mia esperienza  giovanile, qualche anno prima dell'età "canonica", capitava un bicchiere di vino o una  birra in osteria o un gin tonic in discoteca. In compagnia capitava qualche bevuta "cul blanc", intonando «Chevaliers de la table ronde» o «E bevilo, bevilo, bevilo...», causava... euforia. Non è il caso di dirsi pentiti, sarebbe ipocrita ma è proprio l'esperienza a obbligarci a trovare soluzioni contro gli eccessi. Capisco bene come non sia facile per gli esercenti e per gli organizzatori di eventi popolari affrontare frotte di ragazzi che vogliono bere. Ma, si sa, che "la legge non ammette ignoranza" o meglio non consente distinzioni arbitrarie e il "no" dovrebbe essere sempre un "no" senza "se" e senza "ma", pur sapendo che di trucchi ce ne sono a bizzeffe, come il sedicenne che compra per tutti al bar o al supermercato e chi si è visto si è visto. Ovvio che il proibizionismo da solo non basta e, tra l'altro, può affascinare nel nome della trasgressione. Così non serve solo il buonsenso di chi vende e mesce gli alcolici, ma soprattutto  dobbiamo parlare con i ragazzi e spiegare rischi e danni sia degli eccessi degli alcolici sia dei mix letali con le droghe. Senza indulgere in troppi moralismi e senza dimenticare la nostra giovinezza: il dialogo per essere efficace, partendo dalla famiglia, deve avvenire con affetto e comprensione.