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09 ago 2011

I rischi della generalizzazione

di Luciano Caveri

Sulle condizioni materiali tutto è discutibile e va bene usare metodi comparativi con il resto d'Europa, ma, in termini per così dire morali, l'uso della parola "casta" per i politici - dal titolo del celebre libro - ha una genericità ("sono tutti uguali") che non mi convince.  Che poi la condanna in toto  - facendo parte di entrambe le "caste" posso essere equanime - venga da parte dai giornalisti è come il bue che dice "cornuto" all'asino. La verità è che in questa Italia corporativa, in cui tutti si proteggono con albi, ordini, collegi, esami di Stato, patentini, praticantati e miriadi di altre porte difficili d'aprire per accedere a professioni e mestieri, prendersela indistintamente con i politici, è come un rito liberatorio, un esorcismo contro i guai quotidiani. Si tratta di una pratica ingiusta, quando la riprovazione è per tutti la stessa, senza distinguere fra chi lo meriti e chi no. Che ci sia almeno, caso per caso, una graduazione delle pene. Lo dico non solo per un'autodifesa, che suonerebbe come penosa, ma perché ho conosciuto galantuomini (ovviamente anche al femminile) che hanno nobilitato la politica, impegnandosi con vigore e generosità. Ho visto anche trafficoni e farabutti e mi sono tenuto a distanza o mi sono allontanato, appena capita l'antifona. Certo la politica ospita buoni e cattivi, onesti e disonesti, competenti e ignoranti. appassionati e nullafacenti. Uno spaccato di umanità che rappresenta, in democrazia, l'insieme di persone che diventano per poco o per tanto - e ai diversi livelli politico-amministrativi - dei politici. Un mandato elettivo, non una professione, come dev'essere. Ma la professionalità quella ci vuole. Sarà pur vero che c'è chi - prendendo sul serio Caligola, imperatore romano, che scherzava sul fatto che avrebbe potuto nominare Senatore il suo cavallo - è stato eletto senza arte né parte perché il voto democratico consente anche questo, ma sia chiaro che è proprio questo progressivo degradarsi della qualità degli eletti ad alimentare il qualunquismo e la demagogia. Talvolta poi l'elettore che invoca la ghigliottina è lo stesso che, al momento di scegliere, si è fatto tentare dal furbetto, dall'amico dell'amico, dal disonesto disponibile, da quello da pacca sulla spalla o dalla morra in cantina, per poi invocare una rivoluzione antipolitica e un fuoco purificatore. Per questo la politica è impegno e partecipazione e chi ci crede - eletto o elettore - deve battersi per fare pulizia e ricordare che non c'è alternativa alla democrazia, pretendendo ovviamente che chi viene votato per certi incarichi sia lindo (si potrebbe usare il latino castum - puro - da cui paradossalmente deriva "casta") come promettono certi detersivi e badi agli interessi collettivi e non ai suoi personali.