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13 lug 2011

Il maiale alla Heidi

di Luciano Caveri

Ho ascoltato Edoardo Raspelli, giornalista e critico gastronomico di grande esperienza, nel corso della recente inaugurazione di una nuova parte, dedicata all'accoglienza, della "Maison Bertolin" ad Arnad. Ha ripetuto in quell'occasione una lode per chi, come il fondatore prematuramente scomparso, il caro Rinaldo Bertolin, aveva intrapreso in tempi difficili la strada della valorizzazione dei prodotti del territorio, imponendo sul mercato sino al raggiungimento della "DOP - Denominazione di origine protetta" una prelibatezza particolare e di non facile commercializzazione come il "Lardo di Arnad". Raspelli ha ripreso nell'intervento un suo "cavallo di battaglia": avere per le lavorazioni maiali "valdostani". Oggi, infatti, il disciplinare della "Dop"  consente - come per il Jambon de Bosses - di "importare" maiali, che poi vengono lavorati ad Arnad, da altre Regioni italiane ("padane", direbbe Umberto Bossi), specializzate in allevamenti suini. Non è una novità, nel settore degli insaccati, l'uso di carni di provenienza esterna  e lo si vede per prodotti come il prosciutto di Parma, lo speck sudtirolese e la bresaola valtellinese. Quel che contano sono  il procedimento di lavorazione e la successiva stagionatura. Per altro, chi ricordi la porcilaia a suo tempo costruita e poi chiusa ad Arnad o abbia visto allevamenti intensivi di pianura capisce bene i giganteschi problemi ambientali e igienici sottesi a certe presenze. Sino a quando il lardo era un prodotto a consumo familiare o per una ristretta cerchia di consumatori, a livello esclusivamente artigianale, i "maiali autoctoni" bastavano e avanzavano. Il livello industriale e ritmi produttivi a copertura di mercati vasti pretendono un numero di maiali da lavorare che non potrà mai essere assicurato da allevamenti locali. Non si può escludere che si possano ricavare nicchie particolari di mercato che consentano una filiera tutta valdostana, magari usando quella marchiatura aggiuntiva "montagna" che l'Europa si appresta a decidere nella revisione dei marchi di qualità (scelta che non c'entra con il nuovo articolo 174 dei Trattati che prevede le zone di montagna come zone "particolari" nel quadro della coesione territoriale, ma è comunque nello stesso filone). Mi viene ancora da ridere quando penso al mio amico Alberto Capietto, quando tagliava gran fette di prosciutto di Bosses alle feste natalizie a Bruxelles della nostra Regione con i "vip" delle Istituzioni europee - e molti di loro conoscevano la Valle - e descriveva la vita felice del "cochon" valdostano, un modello alla Heidi porcino ("ti sorridono i monti", diceva la canzoncina), persino felice un giorno di immolarsi per diventare uno "jambon" prelibato. Gli ospiti mangiavano estasiati da questa aneddotica fiabesca, pensando  a questo sacrificio supremo del maiale, martire per i loro stomaci...