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09 lug 2011

Una vallata "sorella"

di Luciano Caveri

La Val di Susa è davvero assai simile alla Valle d'Aosta e i legami con la nostra Regione ci sono sempre stati. Tra l'altro, in chiave personale, la famiglia della mia nonna materna, Clémentine Roux (donna combattiva, dal grande impegno sociale, fondatrice della sezione femminile della "Jeune Vallée d'Aoste"), era originaria di quella vallata. Ad accomunarci la cultura alpina, il particolarismo linguistico (da loro esiste il confine fra francoprovenzale ed occitano), la comune storia con i Savoia, la posizione geografica che ci pone come asse trasportistico Nord-Sud e anche lo sviluppo turistico dal dopoguerra ad oggi. Quel che ci differenzia sta tutto nella mancanza, per loro, di strumenti di autogoverno e certe vicende drammatiche, come il forte sradicamento dalle tradizioni e il segno indelebile di una presenza mafiosa causato dai famigerati soggiorni obbligati, hanno colpito duro sull'identità valsusina. Ma per quella vallata non si può che provare simpatia e partecipazione, specie nel solco di quella "Dichiarazione di Chivasso" che, nel 1943, ammoniva sulle conseguenze di una mancanza di autonomia politica delle vallate alpine. Il modello doveva essere quello di cantoni "specifici" dentro le Regioni che si sarebbero formate. Così per loro non è stato. Ecco perché mi intenerisce parte della manifestazione, quella pacifica, svoltasi ieri contro la nuova ferrovia "Torino - Lione", opera che considero necessaria, ma quello di non essere stati a sufficienza all'ascolto delle popolazioni - come ho già scritto qui - è stato uno degli errori di partenza, trascinatosi sino ad oggi. Intollerabile, invece, è la violenza. Su questo non si può essere ambigui o ammiccanti.