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11 mag 2011

Sanità penitenziaria

di Luciano Caveri

Con apposita legge regionale si chiude il quadro giuridico per il passaggio totale alla Regione della sanità penitenziaria. Un percorso ad ostacoli nato negli anni Novanta e completato oggi. Il caso, pur essendo una nicchia, risulta un elemento esemplare. Anzitutto il carcere: una struttura che "soffre" di tutte le storture dell'amministrazione penitenziaria. Qualche esempio: sovraffollamento impressionante, densità di extracomunitari, forte rotazione dei detenuti, personale sottodimensionato e tagli feroci in ogni capitolo di spesa, che rendono difficili il lavoro quotidiano e elementari manutenzioni. In Valle poi è stato disatteso il reclutamento locale (legato ovviamente al francese) e così molti agenti della polizia penitenziaria vivono nella speranza di un trasferimento. Altri aspetti: c'è stato l'evidente tentativo di bypassare la norma d'attuazione dello Statuto, obbligatoria per il trasferimento alla Regione autonoma di questa materia, poi - ogni volta che la norma finiva al tavolo della "Commissione Paritetica" - lo Stato, che chiedeva altrove di fare in fretta, si metteva a spaccare il capello in due sul testo della norma! Si evince così la solita verità che ci accompagna sin dalla nascita della nostra autonomia: un forte analfabetismo rispetto alla particolarità del nostro ordinamento giuridico e dunque la necessità ogni volta di faticare per spiegarne ragioni e contenuti. Confesso che in molti casi perdevo la pazienza! Mi veniva in mente quando Giulio Andreotti mi raccontava degli incontri nel dopoguerra con mio zio Severino «che si arrabbiava in certe discussioni, brandendo un tagliacarte come se fosse stato una spada».