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05 mag 2011

Festeggiare San Precario

di Luciano Caveri

Precario. C'è da scommettere che è questa la parola più usata in questo 1° maggio, "festa del lavoro". Non è un neologismo: "salute precaria" o "equilibrio precario" sono espressioni che tutti noi abbiamo usato. L'origine della parola inquieta, venendo dal latino "precari" - pregare, supplicare - e il termine esatto vuol dire "ottenere per grazia". Se applicato al sempre esistente clientelismo nel lavoro, allora mai origine fu più calzante... E' solo da pochi anni che, incollata alle generazioni più giovani, è nata questa etichetta "precario" (i lavoratori "stagionali" sono in parte altra cosa) da contrapporre alla figura del "lavoratore a tempo indeterminato", che una volta era la forma di contrattualizzazione per eccellenza.  Argomento non semplice per il settore pubblico e solo i sindacati più demagogici la fanno semplice: assumete i precari. Nel frattempo, anche su loro richiesta, la regola del concorso pubblico è diventata sempre più inderogabile (lo dice, per altro, la Costituzione)  e dunque i concorsi "riservati" sono di fatto fuori legge e lo sarebbe, a dire dell'altra faccia della medaglia, anche un "uso leggero" degli interinali.  E in più il pubblico non ha spazi reali di stabilizzazione per rispettare un "Patto di stabilità" sempre più stringente con i dipendenti pubblici in costante diminuzione e lo Stato che controlla sino ad ogni singola unità. Sia chiaro che a nascita di partecipate "apposite" va studiata nei particolari perché il "tacòn" non risulti peggio del "buso". Aggiungiamo che il "lavoro flessibile" (che cela con modernità il precariato) dilaga nel privato in molte professioni liberali e in società pubbliche i "vecchietti" non mollano mai, anzi sono in voga. Così molti giovani, concetto sempre più dilatato, tribolano.