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15 nov 2009

Quel Muro

di Luciano Caveri

Il Muro di Berlino merita la maiuscola, perché era un simbolo. Chiunque legga la storia dell'edificazione e delle successive vicende, sino allo smantellamento - per così dire - di vent'anni fa, ricorda quegli anni della "guerra fredda", che hanno gravato sulle generazioni come la mia. Più crescevi e maggiore era la consapevolezza non solo di quanto - oggi come allora - fossero ridicole le manifestazioni per la pace (che trasformano i più piccoli nell'equivalente dei "balilla" dell'epoca fascista e che prefigurano l'esistenza di qualcuno che dichiari di essere "per la guerra"), ma soprattutto nasceva la convinzione di come l'arma nucleare fosse, alla fine, nelle mani di potenze capricciose, di cui il muro era esempio tangibile. Oggi, per altro, come mostra il caso dell'Iran, il "club della bomba atomica" si sta allargando e ci sono potenze che hanno la bomba e non sono per nulla rassicuranti. Il 9 novembre del 1989 era un giovedì: a naso direi che ero a Montecitorio per il mio lavoro da parlamentare, anche se, stamattina, non ho avuto il tempo di guardare se e quando parlai di quella giornata storica, capitale nei destini della storia odierna.