August 2010

La montagna non è di moda...

Gian Antonio Stella"La Casta. Così i politici italiani sono diventati intoccabili" è un libro-inchiesta uscito il 2 maggio 2007 e curato da Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo, due giornalisti del "Corriere della Sera".
Quel libro, con elementi interessanti ed altri per nulla, iniziava parlando degli sprechi delle comunità montane: un marchio d'infamia che la montagna si è portato dietro, finendo nel mirino negli anni successivi.
Finalmente Stella torna sul luogo del delitto con un articolo di qualche giorno fa che inizia così: "Ma importa a qualcuno, della montagna italiana? Della gente che ci vive, ci lavora, ci muore? Pare di no. L' ultima conferma è nella Finanziaria. Non è facile, per uno come il presidente della comunità montana di Asiago Lucio Spagnolo, capire i tagli. Prendeva 237 euro e 50 cent netti al mese: aboliti. Come le indennità di tutti i suoi colleghi. In compenso, in extremis, una manina ha ripristinato i gettoni per consiglieri circoscrizionali".
Poi spiega: "Che dovesse essere fatto un repulisti nel mondo delle comunità montane è fuori discussione. L'organismo nato nel 1971 per arginare l' abbandono degli antichi borghi e la crisi progressiva della montagna, che costituisce il 54% del territorio italiano, aveva via via subito una deriva, per ragioni di bottega partitica, che a un certo punto sembrava inarrestabile. La necessità di distribuire sempre nuove poltrone, sempre nuove cariche, sempre nuove prebende, aveva portato le comunità, gonfia gonfia, a diventare 356. Un numero abnorme, con situazioni abnormi".
Situazione che io stesso denunciai più volte alla Camera, ma nel frattempo la situazione è cambiata, come ricorda Stella: "Tanto più che le comunità montane, grazie alla scrematura delle regioni, erano già state al centro dell' unico vero taglio visto in questi anni: da 356 a 180 enti. Più una rasoiata del 66% alle poltrone. Più un' altra del 50% nella Finanziaria 2008 agli stipendi. Più il prosciugamento totale delle risorse, scese dall' ultima Finanziaria di Prodi all' ultima di Tremonti da 180 milioni di euro a 0: zero. Le Regioni pensano che quelle rimaste siano indispensabili? Paghino loro. Con che soldi? Si arrangino: il Fondo nazionale per la montagna (dato alle singole regioni) è pari per il 2010 a 36 milioni di euro: un settimo del buco annuale della Tirrenia. Nonostante la montagna italiana produca il 16,7% del Pil nazionale (203 miliardi) e ospiti un quinto della popolazione. Vogliamo dirlo? La verità è che la montagna e i montanari, le loro asprezze, i loro silenzi, i loro boschi, i loro valori, sono fuori moda. Sempre più estranei a una società caciarona, edonista, teledipendente, discotecara, grandefratellesca. Dove tutto deve essere "facile". Tutto apparenza. Tutto consumato in fretta. Tutto messo a nudo sulle spiagge. Sulle barche. Sulle copertine dei giornali popolari. Alcide De Gasperi, Sandro Pertini, Francesco Cossiga, Karol Wojtyla andavano in vacanza in montagna. Tra le vette. L' avete mai vista, una foto di Silvio Berlusconi in montagna? E di Gianfranco Fini? E di tutti gli altri, salvo eccezioni? Oddio, il maglione di lana!!!".
Bel finale su cui riflettere.

I bikers

Motociclisti al Col de JouxUna volta erano motociclisti, oggi - in epoca dominata dall'inglese - sono diventati "bikers".
La Valle d'Aosta alcuni anni fa realizzò, a rafforzare il ruolo di meta gradita agli appassionati di moto, un'apposita campagna promozionale per attrarli sulle nostre strade ed è un caso di scuola di un investimento corrispondente ad un buon risultato anche con l'aiuto di alcuni raduni di appassionati monomarca (pensiamo agli "harleysti"...). Ci sono poi alcuni bar e ristoranti che fanno parte delle reti specializzate.
Così nei fine settimana arrivano i motociclisti: in generale si tratta di un buon turismo, che si divide ulteriormente in diverse tipologie cui la campagna si rivolse scientemente.
Qualche nervosismo a noi autoctoni viene - penso alla strada del Col de Joux o alla solita Mongiovetta - da quegli "smanettoni" che sfogano i cavalli dei loro mezzi nei tratti misti e talvolta sono presi dalla foga del sorpasso e della piega estrema.
Ma la maggioranza non eccede.

Scoramento

Ho attraversato nella mia vita politica molti mari, alcuni erano lisci come l'olio, altri erano procellosi. Poiché nessuno ti obbliga a far politica, bisogna sempre fare i conti con la realtà e con le sue stagioni.
Oggi non so che stagione sia e neppure come sia questo mare, adoperando la metafora iniziale. Certo con il passare del tempo, invecchiando insomma, si tende a diventare più pacati e meno sanguigni. Forse inizia anche a manifestarsi - e la situazione politica italiana ne è un esempio mirabile - una certa inquietudine rispetto alle gabbie tradizionali in cui vengono chiuse le diverse singole posizioni.

Un Ministero vuoto

scajola_claudio_02.jpgHa ragione il Corriere della Sera a porre oggi, nell'editoriale di prima pagina, il problema del ministero dello Sviluppo economico, privato del Ministro con le dimissioni di tre mesi fa di Claudio Scajola e mai sostituito, per quanto Silvio Berlusconi ne avesse di recente promesso una rapida sostituzione.
A parte il fatto che Scajola diede l'esempio giusto lasciando il suo ruolo, dopo le vicende misteriose dell'acquisto della casa con vista Colosseo, mentre il sottosegretario Giacomo Caliendo non fa una piega reggendo deleghe nel campo di quella stessa Giustizia che lo inquisisce per una vicenda grave, la vacatio di un ministero chiave è davvero grave.
E, per favore, non si dica che il Presidente del Consiglio può reggere un interim.
L'industria italiana è e resta un grande malato e vicende come quella "Fiat" (azienda la cui arroganza non corrisponde alle vendite di vetture) sono il segno dei tempi fra delocalizzazioni e crisi vera e propria.
Sarà bene alla ripresa capire bene anche le prospettive del settore in Valle sia per apprezzare lo stato di salute di quello che c'è (in certi casi cagionevole) ma anche per sapere che fine abbiano fatto alcune operazioni, come l'ampliamento della "Lavazza" a Verrès.

C'era una volta la Stipel...

Un vecchio tombino della StipelLa privatizzazione di "Telecom" in Italia non è una storia di successo. Anzi, è la storia di un disastro, che in parte si incrocia con la distruzione della "Olivetti", e che pesa ancora oggi su di un settore come la telefonia e i suoi incredibili sviluppi tecnologici e economici, che i soci privati di "Telecom" hanno trasformato - con un tocco contrario a quello di re Mida - in un indebitamento da cui non riescono a riprendersi.
Personalmente ricordo i precedenti: il telefono che si afferma in Valle con la "Stipel", poi dal 1964 l'azienda diventa "Sip" e "presidia" anche la nostra Regione e la presenza resta ancora capillare in Valle dal 1994 con la neonata "Telecom", controllata dal Ministero del Tesoro e con una miriade di piccoli azionisti.
Poi, dalla fine degli anni Novanta, si susseguono le operazioni, in parte oscure e in parte finite in tribunale, che portano alla situazione attuale che per la Valle ha significato una progressiva desertificazione: sparite le strutture regionali, trasferito il personale, rallentati gli investimenti, cessata la manutenzione.
Un disastro annunciato e "Telecom" privatizzata è rimasta nel frattempo monopolista di una buona parte della rete fissa in barba alla liberalizzazione che è stato l'alibi per una privatizzazione da rapina.
Oggi l'azienda è un interlocutore lontano (l'ultimo accordo lo stipulai io per l'estensione della banda larga), per gli utenti qualunque guasto o nuovo impianto diventa un'impresa nei rapporti con call center, non c'è più una catena di comando locale.
Tanto che i nuovi "tagli" di personale "Telecom" da noi cadono su una realtà già sparita da tempo e che fa rimpiangere il "pubblico".

La cassettina elettorale

Il senatore Dujany ed il sottoscritto durante la campagna elettorale delle politiche del 1994La comunicazione politica, cioè l'insieme di strumentazioni che un politico può mettere in campo per dialogare con l'opinione pubblica (in parte suo elettorato), mi ha sempre interessato.
Ciò è in parte dovuto alla mia formazione giornalistica, ma anche alla convinzione che per l'eletto esplicitare le posizioni e le iniziative è un obbligo insito nel ruolo.
D'altra parte è questa la ragioni della nascita e del mantenimento di questo spazio sul Web e di una serie di altre iniziative, pur se in questo periodo - come qualcuno mi rimprovera - il mio profilo è basso e non potrebbe essere altrimenti.
Ma questo non vuol dire non seguire l'evoluzione dei metodi di comunicazione politica che incalzano e ci porteranno chissà dove, anche se in Valle d'Aosta la piccolezza ci consente maggiori legami personali di quanto possa avvenire altrove.
Ci pensavo ricevendo da un amico una "chicca" rinvenuta in un suo archivio: si tratta dell'audio di una "cassetta" che inviai ai giovani elettori in occasione delle elezioni politiche del 1994. Direi che una qual certa velocizzazione, immagino dovuta ai riversamenti, crea una voce un po' strana in questa registrazione che emerge dal passato, ma vi devo dire che trovo ancora oggi "ragazzi" (o "ragazze") di allora che rimasero fortemente colpiti dalla modernità del mezzo che a suo tempo venne prescelto come contatto.
Ai tempi della rete farà pure sorridere, ma allora non era così.


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Una bella matassa

Giacomo CaliendoHo seguito ieri in televisione la diretta da Montecitorio. La conoscenza dei luoghi aiuta a cogliere il clima complessivo che caratterizza umori e ambiente di un'assemblea parlamentare di grandi dimensioni come la Camera dei deputati.
La sostanza è che con il respingimento della mozione di sfiducia al sottosegretario Giacomo Caliendo si è evidenziata l'assenza di una maggioranza vera e propria, togliendo appunto dal conto, come va fatto, quelli della maggioranza - i "finiani" - che si sono astenuti.
Bisognerebbe essere a Roma per snasare bene la situazione e da distante ci si deve accontentare di quei segnali che emergono dalle dichiarazioni pubbliche, che vanno depurate da tutti i fronzoli del politichese e distillate sino a giungere alla realtà.
Io mi son fatto l'idea che Silvio Berlusconi voglia andare alle elezioni e che sia in mezzo fra chi spinge e chi frena. Immagino che l'idea sia quella che il voto assuma un valore di purificazione, un'ordalia salvifica che riproporrà l'attuale maggioranza rafforzata.
In mezzo ci stanno tante cose e a naso ormai votare ad ottobre è difficile e spostarsi a marzo rischioso. Insomma: neanche il più acuto osservatore della palude della politica italiana può oggi con sicurezza indicare la strada che verrà presa.

Una legge meritoria del 1956

Una delle rotonde di Aosta con la pubblicitàÈ una legge regionale del 1956, ancora in vigore, che dovrebbe essere incorniciata per la qualità del suo lessico e per la secchezza dell'articolato, sin dal titolo: "Norme per la limitazione e la disciplina della pubblicità stradale in Valle d'Aosta ai fini della tutela del paesaggio".
L'articolo 1 dice: "Ai fini della tutela del paesaggio, nel territorio della Regione Valle d'Aosta è vietato di affiggere e di collocare, senza la preventiva autorizzazione dell'Assessorato regionale per il turismo, scritte, cartelli, insegne e oggetti di pubblicità commerciale o industriale lungo le strade e i sentieri soggetti a pubblico transito o in vista delle strade e dei sentieri stessi.
Il divieto si estende anche alle strade statali, alle strade ferrate, ai tratti delle strade e dei sentieri costituenti traverse abitate dei Comuni e dei villaggi di montagna nonché alle zone site in vista delle traverse stesse"
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Non so se l'Assessorato abbia autorizzato il Comune di Aosta a mettere sulle rotonde in città i cartelli pubblicitari di recente installati, pur in modo garbato e minimalista. Non so neppure se sia vero che ciò avverrebbe contro il Codice della strada per evitare che automobilisti si schiantino aguzzando la vista e non mi infilo in dispute giuridiche.
Conta il fatto che mettere la pubblicità in questo modo tradisce di fatto una preveggente idea di ordine e pulizia dei primi legislatori, padri dell'autonomia in una materia su cui inutilmente da anni discute il Parlamento italiano, sconfitto dalla lobby dei cartelloni.
Per cui, senza accapigliarsi con commi e postille, sarebbe bene fare pulizia per mantenere una linea tracciata mezzo secolo fa: penso ne guadagnerebbero anche gli inserzionisti.

Le reine stanno meglio...

Una reina in attesaVisto che l’Italia sta diventando sempre di più un Paese dove c’è la prevalenza del cretino e neppure le citazioni di Leo Longanesi reggono il passo (esemplare: «Sono un conservatore in un Paese in cui non c'è niente da conservare»), trovo fantastiche le dichiarazioni "animaliste" della Ministra Michela Brambilla, ormai detentrice del record mondiale di gaffe.
In sostanza, ma poi smentendo prontamente le cose dette, ha messo sotto osservazione il "Palio di Siena" e analoghe manifestazioni con animali (elencando: cavalli, asini ed oche), citando per analogia la scelta abolizionista della Catalogna rispetto alla corrida, che è stato un solenne calcio nel sedere "autonomistico" alla Spagna.
Per fortuna non ha citato le nostre reine, che anzi dovrebbero essere oggetto di invidia rispetto ai poveri tori, visto che le nostre vengono festeggiate dopo la vittoria come delle dive del cinema, mentre i "maschietti" vanno al camposanto...
Resta da chiedersi – al di là dei possibili giudizi su tradizioni con l'uso di animali, che sono ovviamente opinabili – se il Ministro del turismo non abbia niente di meglio da fare.

Il ruolo essenziale dell'elicottero

Un elicottero del Soccorso alpino con il personale (foto di Romuald Desandrè)Nel dicembre del 1956 Jean Vincendon, un giovane parigino di 24 anni, e François Henry, un giovane belga di 22 anni, decidono di scalare lo sperone della Brenva sul Monte Bianco. 
Diventeranno, loro malgrado, protagonisti di una tragedia alpinistica piena di polemiche e che finì per giorni sulle prime pagine dei giornali: i loro corpi saranno recuperati solo nel marzo dell'anno successivo.
E' quella l'occasione  in cui venne usato un elicottero militare "Sikorsky 58" per tentare per la prima volta il salvataggio in alta quota, ma il velivolo si schiantò e la guida alpina Lionel Terray - che per questo venne radiato dalle guide di Chamonix - decise di soccorrere prima l'equipaggio dell'elicottero nella cui carlinga rimasero, in inutile attesa, i due giovani alpinisti, che morirono in seguito.
Da allora l'elicottero, dopo questo primo sfortunato utilizzo, è pian piano diventato l'indispensabile strumento di soccorso sulle Alpi e anche sulle nostre montagne e non solo a beneficio degli alpinisti ma della popolazione tutta.
Sono lieto che veda la luce, per cominciare dal Breuil-Cervinia e da Ayas, quel progetto, in cui ho sempre creduto, di un utilizzo in notturna dell'elicottero con piazzole appositamente attrezzate in tutte le vallate. Questo salverà delle vite ed è un ulteriore tappa della relativamente breve storia dell'elicottero per il soccorso in Valle, che è certo un elemento di eccellenza.

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