Fénis, 23 dicembre, sancisce una rottura nell'Union Valdôtaine. Ne sono addolorato, ma sono convinto della mia scelta.
Si tratta di un passaggio che mai avrei previsto in passato: sono nato e cresciuto nel milieu unionista, ma non si possono evitare separazioni per un quieto vivere o per un interesse di qualunque genere.
Qui metto il mio intervento che spero sia utile per ricostruire il mio pensiero e le mie ragioni. Capisco che non sarà un periodo facile ed è bene prevedere una serie niente male di cattiverie. Come si dice: «porta pazienza».
Nell'ultimo Consiglio Valle dell'anno c'è stato un dibattito sui trasporti che, solo per caso, si è incrociato con la vicenda tanto discussa - forse troppo! - della tratta "Aosta - Pré-Saint-Didier".
Per molte ragioni non avevo una gran voglia di intervenire su argomento che pure conosco bene per il lavoro a Roma, Bruxelles e Aosta, avendo il vantaggio - direi proprio federalista - di avere uno scenario che da continentale, diventa nazionale e poi regionale.
Questa "scala" ci dev'essere ben presente in tutti gli argomenti per evitare di limitarci a guardare il nostro ombelico.
Poi, come può capitare e quando ci si accorge che qualche riflessione può essere anche utile, ho preso la parola sul tema trasporti, limitandomi a ferrovia e aeroporto.
Spero che, al di là delle opinioni che sono ovviamente discutibili, possa essere interessante.
Nel corso del dibattito sui documenti finanziari del Bilancio 2013 sono intervenuto con un discorso più politico che tecnico.
Si potrebbe a lungo smontare e rimontare la Finanziaria e i suoi allegati, ma quel che va detto è come l'amministrazione debba seguire la politica, che deve volare alto, specie in tempi difficili come quello attuali.
Forse sono andato un po' lungo, ma in fondo - all'orizzonte di questa legislatura - questo era il momento per dire anche qualche cosa che andasse al di là delle polemiche contingenti.
Il Consiglio Valle ha bisogno di essere espressione di un sistema politico forte e rappresentativo e questo purtroppo non sempre avviene.
Purtroppo.
Passaggio politico in Consiglio Valle per votazioni del nuovo Presidente e di conseguenza del nuovo Segretario. Immagino che sul punto ognuno abbia legittimamente i suoi pensieri.
Io mi sono espresso in aula e anche su questo - immagino - non tutti i gusti sono al limone: c'è chi ha apprezzato e chi mi ha dato del "cagnolino scodinzolante". Prendo e porto a casa, sapendo che ci sono sempre quelli che la sanno più lunga e mi inchino.
Quel che resta è l'insieme di ragionamenti che modestamente ho presentato all'aula. I tempi sono strani, le "bocce" sono in movimento e l'orizzonte incerto. Invidio chi ha capito tutto e magari chi ha la sfera di cristallo, prevedendo cosa avverrà al millimetro.
Io ho imparato solo una cosa: la politica non è una scienza esatta e molte cose mutano, nel bene o nel male, nello spazio di un mattino.
Certo i tempi sono oggettivamente grami e la politica, me compreso, antipatica e impopolare. Rari e forse risibili sono i rimasugli di "culti di personalità", che sono anacronistici e immotivati, essendo tutti fallibili.
La crisi, comunque sia, obbliga al confronto e a scelte che, in buona parte impopolari, vanno condivise.
E' la quarta volta che si svolge, su iniziativa dell'assessore Laurent Viérin questa manifestazione sui "Peuples minoritaires" che mette assieme politica e musica. L'edizione di quest'anno, morta la "Festa della Valle d'Aosta", assume poi un valore particolare.
Trovo che l'idea sia coerente con la necessità per la Valle di non guardare solo il proprio ombelico. Niente come il confronto fortifica e rafforza, specie quando il momento non è così felice con crisi di diverso genere che ci imprigionano in u a gabbia di paura e insoddisfazioni.
Ma la buona reazione sta nella necessaria vitalità che consenta di migliorare. Per natura - l'ho scritto molte volte - sono ottimista e speranzoso. Ma questo vale se non ci si ricopre gli occhi con la pelle del salame. E' un esercizio salutare e per nulla depressivo quello di rappresentare senza sconti lo scenario che ci circonda.
E non vi è nulla di semplice o immediato, ma bisogna rimboccarsi le maniche e avere degli amici, come si cerca di fare con questo Festival che mette assieme tanti "piccoli", facendoli diventare più grandi e solidali tutti assieme.
Vi propongo cosa ho detto nella tavola rotonda ad Aosta.
Carlo Bertini de La Stampa intervista il Professor Massimo Luciani, accademico dei Lincei e costituzionalista, sulla riforma costituzionale sul premierato.
Una scorciatoia che Giorgia Meloni ha costruito come un vestito da indossare per il futuro. Avrò tempo di scriverne a fondo: resto, intanto, convinto che non spiri aria costituente, che prevede un sentimento più vasto e inclusivo. In più le riforme costituzionali non si fanno a spizzichi e bocconi “Cicero pro domo sua”.
Ma ho citato Luciani per una sua dichiarazione esemplare più generale: “Servirebbe la ricostituzione di una vera società civile, ricostruire il sistema dei partiti, rimettere in campo soggetti del pluralismo disponibili al dialogo e non soltanto feroci curatori dei loro interessi particolari (si tratti, che so, dell'ambientalismo o della tutela della famiglia tradizionale). Insomma, si dovrebbe recuperare l'arte della mediazione e ricostituire quei meccanismi di solidarietà sociale che il Paese ha smarrito e che invece aveva dimostrato di saper produrre nella prima parte della pandemia. A fronte dell'enormità di questi problemi, il topolino partorito è palesemente inadeguato”.
Sottoscrivo!