I nostri morti
E' il primo anno di celebrazione dei defunti dopo la scomparsa di mio padre.
Guardo dunque all'avvenimento con una partecipazione più forte che in passato, anche se non vengo meno alle mie convinzioni più intime.
In breve ritengo che il cimitero sia un luogo evocativo e come tale vada vissuto. Amo i cimiteri di montagna, specie quelli a ridosso dei campanili delle chiese, perché trovo che quei luoghi diano un segno di passaggio fra il nostro essere qui e l'aldilà, qualunque esso sia.
Trovo bellissimo, specie se lo si guarda con lo scenario della catena del Monte Rosa, il cimitero di Antagnod.
Camminando all’interno del perimetro consacrato, si avverte qualche cosa, un impasto fatto di ricordi e ambiente naturale, il radicamento che deriva da cultura e natura.
In Grecia, questa estate, un piccolo cimitero, bianco e raccolto, a pochi metri dal mare, mi ha dato la stessa sensazione d’intensità, che non ritrovo invece nei cimiteri grandi come quello di Aosta, confrontandolo con il cimitero storico di Sant'Orso dove invece aleggia rassicurante.
Non mi hanno mai fatto paura i cimiteri, perché mio padre - quando ero piccolo - mi spiegò che i morti, essendo morti, non ci possono fare niente.
Ma le celebrazioni, che hanno un senso anche di laboriosità, perché i cimiteri si animano, vengono ripuliti, vissuti di più che nel resto dell'anno, si fermano a mio avviso sul limitare dei nostri cuori.
La sola fisicità sarebbe un'offesa nella profondità del rapporto, della soglia da attraversare fra vita e morte. Per cui non suoni come retorica l'idea che gli scomparsi che abbiamo amato, parenti o amici, sono parte quotidiana di noi attraverso gesti o ricordi, per cui i giorni dell'anno maggiormente dedicati ai defunti sono un pretesto, forse, per pensarli un po’ di più ma loro, per quel che mi riguarda, ci sono sempre.
Credo anche, ne ebbi una prova anni fa che farebbe felice gli spiritisti, che ci sia da parte di chi ci amato una possibilità di protezione, non so dire con quale meccanismo, che ci consente in certi passaggi di sapere «che loro ci sono».
Probabilmente è qualche cosa di consolatorio e rassicurante che ci inventiamo, tipo "coperta di Linus", ma non credo che faccia male a nessuno.
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Commenti
Credo anch'io...
sia così, a dire il vero sono convinto che su questa terra siamo di passaggio e nulla finisce dopo che intraprendiamo l'ultimo viaggio terreno, ma inizia un qualcosa che va ben oltre.
Ormai sono tredici anni che il mio papà è mancato ma sono sicuro che ogni tanto mi è vicino ed a volte mi sembra di sentirne, fisicamente, la vicinanza. Poco tempo fa un mio collega mi ha scritto una lettera con alcuni appunti e come l'ho vista sono trasalito: la scrittura è uguale a quella di mio padre in maniera stupefacente... tanti piccoli particolari che qualcuno continua a vegliare su quello che faccio.
Comunque i cimiteri "belli" li ho trovati nei paesini francesi, accanto alla chiesa ed in mezzo al paese con la sola recinzione a dividere i due mondi, una linea sottile come è in realtà.
I cari sono sempre nel cuore, per sempre.