La transizione
La politica non dovrebbe essere il breve intermezzo fra un'elezione e l'altra. Per non dire del rischio che la politica venga piegata - nei pochi periodi senza urne aperte - ad una sfrontata logica elettoralistica, che deforma ogni decisione, in un misto fra affarismo e cinismo da consenso.
Questo è il limite della democrazia, quando il populismo cresce.
Specie se, come avviene nel caso italiano, non c'è anno senza elezioni e queste consultazioni finiscono, oltretutto, per diventare un test per il governo nazionale, qualunque sia il livello di governo interessato.
Ciò mostra quanto il sistema di democrazia locale, nascosto dietro la costruzione di cartapesta del federalismo all'italiana, sia oggi ostaggio di Roma, vero centro decisionale che infetta tutto il resto.
I partiti politici - nella crescente e grottesca forma del leader unico - tendono, nel diventare personalistici, a svuotarsi. In più, se alle elezioni susseguenti le une alle altre, ci aggiungiamo la mania delle primarie scopiazzate dal modello americano, i partiti si trasformano in comitati elettorali (e talvolta d'affari con politici spregiudicati brasseurs d'affaires) con decisioni centralizzate in barba alla zuccherosa retorica della base che discute e decide e dei congressi come momenti decisivi.
Tutte balle!
In Italia questo mélange è particolarmente visibile, ma certo la crisi della democrazia preoccupa dovunque, specie se condita da un altro artificio retorico: la politica del fare e della concretezza.
In genere - e il tempo lo ha sempre dimostrato - più si ricorre a questa argomentazione e meno si realizza in concreto. Per altro il fare, su cui concordo, andrebbe radicato a idee e valori per evitare che sia un affastellarsi di azioni senza un contesto in cui inserirsi.
Sospesi su questa passerella, che traversa un precipizio di cui non si vede il fondo, in Italia si aspettano eventi. Si parla apertamente del dopo Berlusconi (anche per la bocciatura del "lodo Alfano"), perché c'è sempre un dopo rispetto ai governanti attuali, ma in questo caso la successione non è un banale avvicendamento. Ai rivolgimenti che verranno nella maggioranza di governo, si contrappone il travaglio dell'opposizione, specie del Partito Democratico, fra ricerca di una guida e aria di scissioni. Sullo sfondo, rispettando la regola sopra evocata, appaiono le elezioni regionali nelle Regioni ordinarie del marzo 2010. Si tratta di un passaggio molto stretto in cui si concentrano molte attese.
Insomma: la normalità latita, l'emergenza è perenne.; la democrazia si svilisce e l'opinione pubblica segue i propri umori cangianti; i problemi in tempo di crisi economica aumentano e a poco serve la mozione degli affetti e la bufala delle continue rassicurazioni.
Viene voglia, talvolta, di andare ad ingrossare le fila dell'esercito dei delusi, dei qualunquisti, degli scettici, di chi oscilla fra il disinteresse, la chiusura nel proprio privato, lo svago inteso come astrazione da una realtà grama.
Credo, invece, che questo disagio debba essere operoso, sapendo che a questa specie di palude seguirà un periodo dinamico di cambiamenti.
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