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23 ago 2022

La cultura del rischio

di Luciano Caveri

Ormai credo che sia capitato a tutti di assistere a fenomeni meteorologici straordinari. Mi riferisco in particolare a certe piogge spaventose e violentissime, definite ormai impropriamente “bombe d’acqua”, che sarebbe una traduzione del vocabolo inglese cloudburst (letteralmente ‘esplosione di nuvola’). Dal punto di vista scientifico e in buon italiano sarebbe, invece, “nubifragio”, che si raggiunge all’apice di questa scala di valori: meno di 1mm/hr → pioviggine; 1-2 mm/hr → pioggia debole; 2-6 mm/hr → pioggia moderata; 6-10 mm/hr → pioggia forte; 10-30 mm/hr → rovescio; oltre 30mm/hr → nubifragio. C’è una ricerca del Politecnico di Torino che spiega come, su base statistica, in alcune aree d’Italia la frequenza e l’intensità dei nubifragi mostri in modo indiscutibile delle tendenze in crescita nel tempo. Questo a causa della maggiore capacità dell’atmosfera di immagazzinare vapore d’acqua, dovuta al riscaldamento globale con buona pace dei negazionisti. Questo purtroppo avviene anche sulle Alpi con il mercurio che sale irrefrenabile e in Valle d’Aosta il fenomeno si è manifestato anche anche quest’estate siccitosa con pioggia e grandine, nelle rare occasioni e simili ad esplosioni, con il solito repertorio di danni e paure attraverso allagamenti, straripamenti, frane, tubazioni saltate, abitazioni danneggiate, alberi sradicati, traffico bloccato e tutto il resto. Se si aggiunge sulle montagne quanto avviene in quota con le temperature elevate dalle cime in giù con i ghiacciai e il permafrost che si sciolgono il quadro si fa complesso e rende problematica la convivenza con questi fenomeni sommati fra loro. Tutto questo ci obbliga ad essere vigili e reattivi. In Francia di questi tempi, ma il tema certo non è nuovo, si discute molto sulla cultura del rischio e la capacità di allertare i cittadini per tempo e di dare loro istruzioni precise sul da farsi di fronte a fenomeni catastrofici. Quanto ormai può avvenire grazia alla capillare presenza della telefonia mobile. Questi sistemi di allarme pubblico sono essenziali per garantire la sicurezza dei cittadini. Esistono già da tempo, ad esempio negli Stati Uniti, dove vengono utilizzati per avvisare di inondazioni, incendi, o altre calamità, di rapimenti di minori, di potenziali attacchi nucleari, e di altro ancora In Europa a partire dal dicembre 2018 una direttiva imponeva a tutti gli stati membri dell’UE di dotarsi entro giugno 2022 di un sistema efficace di allarme pubblico basato appunto sulla telefonia. In Italia IT-alert è il nuovo sistema di allarme pubblico per l’informazione diretta dei cittadini in fase di realizzazione da parte del Dipartimento della Protezione Civile. A luglio 2022 è attualmente in beta testing, cioè si sta già concretamente sperimentando, secondo quanto sostenuto sul sito it-alert.it. Trovo la questione davvero decisiva e mi auguro che si accelerino i tempi di messa in servizio (siamo già in ritardo) e si accompagni tutto questo con una campagna di educazione alla cultura del rischio. Anche nelle scuole bisognerà lavorare di più.