Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
11 lug 2021

Il compromesso non è inciucio

di Luciano Caveri

Ho già detto quanto mi affatichi, in questo periodo così difficile, il dibattito sul disegno di legge Zan, d'improvviso assurto come il problema numero uno da affrontare in Parlamento. In un Paese normale ci si sarebbe chiusi in una stanza del Senato per limare il provvedimento e poi si sarebbe approvata la legge senza tutto questo can can che dura da mesi, mentre la crisi pandemica ancora incombe e l'economia è a rotoli. Invece tra una settimana si andrà alla conta e non sarà un bene. Sul tema in esame ho la coscienza a posto, perché non ho mai discriminato nessuno e ritengo i diritti civili un caposaldo. Ma trascinare questa storia all'infinito e senza raziocinio non giova affatto neppure a chi combatte la giusta battaglia contro l'omofobia, ma si troverà con un testo di legge, se approvato così, con alcune ambiguità per chi le norme le dovrà applicare. Per non dire della storia del gender, i cui contorni andrebbero davvero definiti perché ci sono aspetti poco convincenti.

Per cui mi ritrovo nelle parole di Alessandro De Angelis: «Da che mondo è mondo (o almeno quando il mondo era ancora intero), se un partito a una legge ci tiene davvero, e non ci sono i numeri, non ha tutta questa fretta di andare alla conta per farsela bocciare. I vecchi cronisti parlamentari potrebbero citare innumerevoli esempi di leader che rinviano, provano a creare le condizioni o lavorano su compromessi possibili, nelle condizioni date, si sarebbe detto una volta. E' quel che accadde sulle unioni civili, quando si rinunciò al punto critico - la "stepchild adoption" - per farla passare. Fu un compromesso però fu anche un passo in avanti. L'alternativa, se si fosse mantenuta una posizione intransigente, era semplicemente che quella legge non sarebbe passata». Ho molte volte compartecipato, nelle diverse assemblee di cui ho fatto parte, al lavoro di mediazione, che fosse una legge, una delibera, un ordine del giorno. La politica serve a questo: alla ricerca del consenso per avanzare e per evitare che ci si incarti e le questioni non si risolvano. Osserva giustamente De Angelis: «Solo nell'Italia populista e antipolitica, il "compromesso" è diventato il metro di ogni nefandezza perché sempre sinonimo di "inciucio", secondo fine, opacità morale. In verità c'era una volta in cui, anche a sinistra, la parola "compromesso" era sinonimo di conquiste. La Repubblica è un compromesso, davvero storico fondato anche sull'accettazione dei patti Lateranensi in Costituzione, mica sull'abbeveraggio dei cosacchi in Vaticano. La riforma del Concordato di Craxi è esso stesso un compromesso. Fu un compromesso la politica dei redditi e anche lo Statuto dei lavoratori, eccetera eccetera e lasciamo stare Moro e Berlinguer». Sulla proposta Zan, caso esemplificativo, aggiunge: «Giusto o sbagliato che sia, la legge Zan non ha i numeri ed è destinata ad essere impallinata nel voto segreto. Mica un voto solo: se approda in Aula così com'è, si vota emendamento per emendamento e ci sono decine di voti segreti. Se ci fosse stato un governo politico, espressione di una maggioranza politica, la questione, tecnicamente, si sarebbe potuta bypassare ponendo il voto di fiducia, ammesso che il governo in questione avesse avuto la forza, la voglia, la convinzione. Ma, ad ogni evidenza, non è questo il contesto, in presenza di un governo di emergenza, con una maggioranza larga, su un tema che esula dalla sua agenda. E il voto segreto è come la famosa notte in cui tutte le vacche sono bigie: se ne vede l'esito, ma è complicato identificare i mandanti. Perché la verità - è emerso in modo abbastanza chiaro dal dibattito pubblico - è che questa legge ha parecchi critici al di sopra di ogni sospetto: da una parte del mondo femminista del PD al mondo cattolico, a meno che non si voglia pensare che i parlamentari sensibili agli appelli del mondo cattolico quando si parla di stabilità di governo non lo siano a quelli del Vaticano sui diritti. Accadrebbe una cosa molto semplice: la responsabilità pubblica dell'affossamento sarebbe addossata a Renzi e alla destra, ma gli affossatori sarebbero molti di più...». Vedremo cosa capiterà, ma è la dimostrazione - in questo caso, come per certi dossier che rischiano la paralisi anche nella politica valdostana - che è sempre meglio un compromesso accettabile che lo scontro tipo duello del Far West, che non risolve i problemi ma li esacerba.