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21 dic 2020

Cattivi odori

di Luciano Caveri

«Ucci ucci, sento odor di cristianucci». Così si dice quando si crede di aver trovato qualcosa. La frase viene pronunciata dall'orco, nella fiaba in versione italiana di Charles Perrault, "Pollicino", quando rientra a casa e sente l'odore di bambini. Come noto il protagonista ed i suoi fratelli sono stati poco prima nascosti dalla moglie dell'orco. "Appena entrato, cominciò a fiutare a destra e a sinistra, insospettito. «Ucci ucci sento odor di cristianucci!» «Ma no, e l'odore della carne dei cervi», disse sua moglie, tremando. Ma l'Orco non si lasciava ingannare, conosceva troppo bene l'odore di carne umana. «Ucci ucci sento odor di cristianucci!» Si diresse spedito verso la credenza, e con le sue manone tirò fuori uno per uno i sette fratellini, più morti che vivi per la paura. «Bene, benissimo. Ecco un ottimo pranzo per domani». E cominciò ad affilare un enorme coltello. Aveva già afferrato per il collo il fratellino più grande, quando sua moglie intervenne".

Conta poco il resto, ma l'espressione è azzeccata alla ricerca per individuare chi persevera a Roma nel dimostrare una visione centralista di cui ormai si avverte un odore persistente, malgrado si faccia molto per celarlo. Mi riferisco per cominciare alle ultime scelte del Governo Conte di domandare la sospensiva dell'ordinanza regionale del presidente valdostano nella parte dell'apertura di bar e ristoranti, persino con procedura accelerata, al "TAR" della Valle d'Aosta. Scelta che appare ridicola a poche ore dalla fine della validità dell'ordinanza stessa e spropositata nella sua logica statalista. Per altro con il risultato all'incontrario di aprire tutto ai sensi della recente legge regionale... Ma la legge - si sa da Roma - verrà impugnata anch'essa questa volta alla Corte Costituzionale con richiesta di sospensiva con una procedura nuova mai usata per nessuna legge regionale. Speriamo di non conquistare questo primato, che resterebbe nelle pagine scure dell'Autonomia. Conscio che prima o poi bisognerà tentare di riallacciare i rapporti con il Governo, non si può però fare finta di niente rispetto ad una scelta governativa in due tempi sbagliata e persecutoria, frutto in parte della permalosità di qualche Ministro avvolta da logiche di rivalsa verso i "ribelli" alpini. L'Autonomia non è un feticcio da esibire o una scatola vuota da riempire con chissà cosa, ma si basa anzitutto sul dovere di esercitarla nel nome dei diritti che ci appartengono. Va esercitata con fierezza e senza pensare di disturbare il manovratore. Altrimenti diverrebbe un ferrovecchio arrugginito e inutile. Per questo l'odore che sento è cattivo: un olezzo. Ho attraversato molti anni nella politica italiana e mi ci si sono immerso nella certezza che in tutte le circostanze sia necessario trovare mediazioni utili. A questo serve la Politica: a trovare soluzioni ragionevoli, partendo anche da posizioni molto distanti. Sono sempre stato convinto di questo e con questa modalità ho portato a casa risultati che sono ben verificabili. Mi sono sempre ribellato, però, quando ho trovato interlocutori che non prendevano sul serio le nostre istanze o persino le prendevano di punta. Mi sembra questo un caso in cui si sommano le due posizioni e mi indigno. Spiace che ciò avvenga e la ricerca del punto di equilibrio non può passare attraverso una nostra genuflessione verso i Signori Ministri e neppure si può, come scrivono nel ricorso al "TAR", ammettere che la nostra Regione Autonoma si sarebbe sottratta al principio della leale cooperazione. Triste tentativo di rivoltare la frittata! E lo dico - lo ripeto, specie a chi parla senza esperienza - sulla base di una conoscenza storica e di una esperienza vissuta ad occuparmi dei rapporti fra Stato e Valle d'Aosta.