Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
17 nov 2020

I "social" non sono democrazia diretta

di Luciano Caveri

In tutta la mia carriera politica non ho mai rifiutato, ritenendolo doveroso in democrazia, un incontro con qualunque cittadino solo o associato in qualsiasi modo me lo chiedesse. Così faccio di persona anche oggi, pur tenendo da parte, per centellinare le loro visite, l'elenco di persone disturbate che amano - talvolta in una logica quasi terapeutica - sfogarsi su loro questioni e di fatto non hanno nulla di concreto da dire o da proporre. Una volta si ricevevano anche lettere e telefonate, oggi fioccano mail e messaggi "Whatsapp". Anche in questo caso bisogna saper distinguere: ci sono persone civilissime e ci sono ossessivi compulsivi che non mollano l'osso e con cui essere garbati è controproducente. Ci sono infine quelli che operano in combutta con gruppi organizzati attraverso vere e proprie mailbombing.

Così capita da quando sono assessore ed un eccesso di disponibilità rischia, se si è assaliti da un mare di richieste, di ripercuotersi sulla qualità del lavoro che bisogna svolgere in modo serrato e continuativo. Bisogna smetterla di pensare che sui "social" ed affini questa sia democrazia diretta e non è accettabile che qualunque decisione assunta sulla pandemia con scienza e coscienza ed i necessari approfondimenti giuridici e medici diventino oggetto di discussione da parte di chiunque. No, appena si sceglie scoppiano le "catene di Sant'Antonio" di polemiche sui "social" e con messaggi diretti, spesso con l'uso di "balle spaziali" e "fake news" e così, mentre incalza l'emergenza che obbliga alla massima concentrazione, si è vittima della "saga dei cretini", spesso insistenti, maleducati e sordi, per posizioni ideologiche, ad ogni spiegazione. Loro sanno, tu no. Loro sono il bene e tu il male. Loro cittadini responsabili, tu politico scemo. Roba da far saltare la mosca al naso. Ennio Flaiano diceva: «Quando mai uno stupido è stato innocuo? Lo stupido più innocuo trova sempre un'eco favorevole nel cuore e nel cervello dei suoi contemporanei che sono almeno stupidi quanto lui: e sono sempre parecchi». Un libro illuminante fu "La prevalenza del cretino" uscito nel 1985 a firma di Carlo Fruttero e Franco Lucentini ed in poche righe gli autori descrissero il tema: «E' stato grazie al progresso che il contenibile "stolto" dell'antichità si è tramutato nel prevalente cretino contemporaneo, personaggio a mortalità bassissima la cui forza è in primo luogo brutalmente numerica; ma una società civile ch'egli si compiace di definire "molto complessa" gli ha aperto infiniti interstizi, crepe, fessure orizzontali e verticali, a destra come a sinistra, gli ha procurato innumeri poltrone, sedie, sgabelli, telefoni». Ha scritto su "Il Foglio" Giampiero Mughini: «E figuriamoci che cosa avrebbero scritto i nostri due eroi se avessero potuto raccontare la "prevalenza" odierna del cretino, quello cui si sono spalancate le smaglianti praterie del web, altro che "interstizi" e "crepe"; se avessero avuto sotto gli occhi le prodezze del cretino da Internet, del cretino da tweet, del cretino che ha a disposizione la mitragliera costituita dalla tastiera di un computer o di un telefonino. Se avessero avuto a disposizione le gesta dei cretini i cui "like" si sono fatti tiranni della società contemporanea». Parole vere e condivisibili!