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16 set 2020

10) Diario di un candidato

di Luciano Caveri

Le elezioni, per chi ci partecipa, sono un passaggio impegnativo, perché ci si mette in gioco. Siamo, tra Regionali e Comunali, un esercito di oltre mille persone che percorrono il proprio territorio o l'intera Valle d'Aosta. Dietro di loro familiari, amici, simpatizzanti che compongono assieme un bel numero di persone che si danno complessivamente da fare in un turbinio di contatti e con "santini" che distruggono un pezzo di foresta amazzonica per via della carta impiegata. Dai più esperti di lungo corso alle nuove leve sulla scena ce n'è per tutti i gusti. La rarefazione dei comizi, strumento del resto ormai fuori gioco, crea per i candidati una difficoltà nell'esprimersi dal vivo con un pubblico in carne ed ossa ed è un peccato perché si tratta di un apprendistato interessante.

La scuola in Italia e anche in Valle non insegna a parlare in pubblico e questo crea quasi sempre in chi si trova per le prime volta a parlare ad un microfono in una situazione nuova e talvolta complicata per via dell'emozione e della mancanza di abitudine ad esprimersi di fronte ad una platea piccola o grande che sia. Per cui c'è chi impara a memoria con il rischio di impappinarsi per un vuoto di memoria, chi si prepara discorsi scritti o appunti fitti perdendo in spontaneità, chi racconta sé stesso in un dimensione privata e non pubblica, chi persino si arrende ed è ben lieto di restare fra il pubblico e non esprimersi. Altri invece si esprimono senza problemi e nel corso della campagna elettorale dimostrano una crescente dimestichezza. Ogni volta penso che questa varietà di comportamenti sia normale, ma è un peccato che nessuno insegni quelle tecniche di base che possono consentire a tutti di migliorare le proprie prestazioni. Il famoso Cicerone diceva: «Il valente oratore deve essere un uomo che ha ascoltato molto con le proprie orecchie, ha visto molto, ha molto riflettuto e pensato, e molto ha anche appreso attraverso le sue letture». E aggiungeva: «Ottimo oratore è colui che parlando istruisce, diverte, e commuove l'animo degli ascoltatori». E' proprio così e devo dire che se si conosce un argomento lo si affronta sino alla migliore delle tecniche per essere ascoltato volentieri: andare a braccio senza leggere. Se si raggiunge un buon risultato, allora il pubblico e la sala ti seguono nel silenzio, cercando di capire dove vuoi parare quando sei senza rete con la rassicurante presenza di fogli scritti in un cimento dove il rischio di impaperarsi accresce l'attenzione dei presenti. Esiste, io credo, una predisposizione naturale, che va coltivata e nel tempo aumentano la sicurezza e la padronanza. Parlare in pubblico mi è sempre piaciuto e non solo per il piacere che se ne ricava nel rapporto con chi ti segue, ma perché credo che sia importante esprimersi con le proprie idee e i propri pensieri. Più nasce un'empatia e più cresce quel senso di un rapporto umano che si crea con l'uso delle parole, della mimica e delle espressioni. Diceva Winston Churchill, noto per interventi straordinari: «L'oratore incarna le passioni della moltitudine. Per poter ispirare qualsiasi emozione, deve esserne lui stesso attraversato. Per suscitare indignazione, il suo cuore deve essere colmo di rabbia. Per muovere alle lacrime deve far fluire le proprie. Per convincere, deve credere». Mai come di questi tempi bisogna essere convincenti, sapendo la posta in gioco importante.

Diario di un candidato

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