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02 ago 2020

Mai perdere la curiosità

di Luciano Caveri

Guardo un cartone animato, di quelli che alla fine ti viene qualche lacrimuccia e compare una scritta finale di una frase di Walt Disney, che suona così: «Da queste parti, comunque, non guardiamo indietro a lungo. Andiamo sempre avanti, aprendo nuove porte e facendo cose nuove, perché siamo curiosi... E la curiosità ci porta verso nuovi orizzonti». So che il vecchio Walt aveva grandi difetti, così espressi anni fa: «Disney era un uomo totalmente misogino (le donne potevano colorare ma non creare), superbo, megalomane, piuttosto razzista. Aveva un odio viscerale per i sindacati e fu scioccato da uno sciopero degli Studios nel 1941. Chi lavorava per lui era come in una Accademia militare e lui era il generale, o se volete il dittatore». Lo diceva, anni fa, Peter Stephan Jungk, l'autore del racconto da cui venne tratta addirittura un'opera lirica dedicata all'inventore di Topolino e delle mille derivazioni del suo mondo fantasioso». Ma a me la sua frase piace lo stesso e guai negare che i suoi fumetti ed i suoi cartoni hanno segnato generazioni come la mia. Mi piace perché fotografa una significativa caratteristica umana: la curiosità.

Michel Foucault, filosofo e saggista scava ancor di più nell'oggetto: «La curiosità evoca la "cura", l'attenzione che si presta a quello che esiste o potrebbe esistere; un senso acuto del reale, che però non si immobilizza mai di fronte a esso; una prontezza a giudicare strano e singolare quello che ci circonda; un certo accanimento a disfarsi di ciò che è familiare e a guardare le stesse cose diversamente; un ardore di cogliere quello che accade e quello che passa; una disinvoltura nei confronti delle gerarchie tradizionali tra ciò che è importante e ciò che è essenziale». E' interessante, infatti, l'etimologia di questa parola che descrive chiunque sia desideroso di rendersi conto di qualcosa, ma fotografa anche qualcosa di insolito, si singolare. L'origine è nel termine latino "curiōsus, che si interessa; avido di conoscere; accurato", che deriva - come osserva Foucault - da "cūra, preoccupazione; sollecitudine, premura". Per alcuni la curiosità è persino un difetto. Lo vediamo nel rimprovero per i bambini: «sei un curiosone!». Una tagliola in quella straordinaria stagione dell'infanzia dei «perché?», in cui ogni genitore - di fronte a domande enciclopediche - si sente incapace di fornire risposte a domande a raffica. Per me la curiosità, che sia fatta di scoperte e di desideri, piace moltissimo e la considero una molla essenziale della vita e si sposa benissimo con le singolarità e le rarità che chiamiamo curiosità.