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01 lug 2020

Mi sono sempre piaciute le panchine

di Luciano Caveri

Mi sono sempre piaciute le panchine, anche se di questi tempi ci si approccia con timidezza e ci si siede con circospezione e senza avvicinarsi a sconosciuti. Un segno tangibile dei tempi e di come la socialità debba assestarsi, intrappolata com'è in obblighi e divieti. Comunque sia, mi ci siedo volentieri ed ormai i modelli, che siano nei parchi o dovunque nella logica dell'arredo urbano, sono svariati e spesso anticonformisti, talvolta al limite del cattivo gusto, tipo quelle che somigliano a vere e proprie bare, che piacerebbero a Dracula per il riposo notturno. Oppure le panchine si colorano: di rosso contro la violenza contro le donne, blu per ricordare i bambini vittime di violenza oppure le panchine giganti, che cambiano taglia apposta per diventare un'attrazione vera e propria.

Trovo che sedersi a riflettere od a guardare il panorama è un grande privilegio. L'altro giorno ne ho trovata una sopra Machaby di Arnad e da lì osservavo il fondovalle, sentendomi come un pascià. Ciò mi è capitato non solo in certi belvedere in montagna, ma penso a certe panchine sui moli della mia infanzia, fronte mare, in cui osservavo questa distesa con un orizzonte, che è ben diverso per chi vive in montagna e vede un orizzonte solo da cime panoramiche. La panca ha preceduto la sedia e ha un passato importante, ma leggo che la prima panchina industriale può essere datata intorno al 1853, durante la riforma urbana di Parigi, voluta da Napoleone III, con il contributo del Prefetto della Senna, Barone Haussmann, e l'architetto Gabriel Davioud. Ho trovato in merito questa spiegazione, che chiarisce bene l'evoluzione: "Durant la période haussmannienne, parmi les différents mobiliers urbains tels que les kiosques, vespasiennes, candélabres, le banc trouve sa place naturellement. Son usage devient plus commun, et celui-ci est disposé partout en ville, grâce à une fabrication industrielle. L'époque change,et désormais le banc sera disposé en alignement des arbres, en bordure du trottoir. Le banc public est devenu l'apanage des urbanistes, qui en ont fait un objet totalement intégré à la ville. Associé à la lecture, l'écriture, il permet également aux promeneurs de s'arrêter pour y manger, pique-niquer, dessiner ou peindre. Les architectes urbains l'on bien compris et ont développés des gammes diverses et variés. Les bancs publics existent en béton, en métal, en bois, et désormais à travers des associations de matériaux, pour leur donner le plus bel effet. Les designers ont pris part à cet effort de création en imaginant des bancs plus épurés, dépourvus d'accoudoir, de dossiers, mais dans la ligne directe de création urbaine contemporaine". Ho già ricordato una delibera della Giunta regionale del 1950, che così recitava: "L'assessore al turismo, prof. Deffeyes, riferisce al Consiglio in merito alla relazione seguente, concernente la proposta di approvazione di finanziamento di spesa per l'acquisto di numero duecento panchine da assegnarsi ai Comitati locali per l'incremento turistico, relazione di cui copia è stata trasmessa ai signori consiglieri, unitamente all'ordine del giorno dell'adunanza". Nel 1949 si erano già comprate delle panchine e questa delibera confermava l'acquisto di altre duecento panchine. Nel dibattito così si esprimeva Deffeyes, uno dei protagonisti dell'Autonomia, morto a soli quarant'anni, nel 1953: "Mr. le professeur Deffeyes, assesseur au tourisme, illustre brièvement la relation rapportée ci-dessus, en relevant l'opportunité que le Conseil approuve l'achat de deux cents bancs devant étre assignés aux Comités locaux pour le développement touristique et installés dans les avenues, dans les jardins, le long des promenades, dans tous les endroits de villégiature, afinque les touristes puissent admirer avec plus d'aise les beautés panoramiques de la Vallée. Il informe que non seulement les bancs achetés l'andernier et assignés en son temps aux Comités locaux n'ont pas été tous distribués d'une façon rationnelle mais que plusieurs d'entre eux ont été placés devant l'habitation du syndic ou du président du Comité local pour le développement touristique, ou affectés à t'autres emplois. Il précise que des dispositions ont été données a fin qu'un fait semblable ne se vérifie plus et pour que les bancs ne soient pas exposés aux intemperies de l'hiver". Negli anni successivi queste panchine vennero riproposte più volte e se ne vedono ancora, rosse e con la scritta bilingue della Regione Autonoma, come segno fisico e tangibile di una presenza sul territorio. Piccoli segni di civiltà. Ha scritto Beppe Sebaste nel suo libro "Panchine": «Una panchina perfetta è come una piega del mondo, non un luogo nascosto ma una zona franca, liberata o salvata, dove semplicemente sedersi è già in sé una meditazione».