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25 giu 2020

I "letti freddi" sulle Alpi

di Luciano Caveri

L'espressione "letti freddi" viene dal francese "lits froids" e sono niente altro che i letti non occupati nelle stazioni turistiche, specie sciistiche, adoperati poco dai proprietari e frutto del boom edilizio, specie sulle Alpi, a partire dagli anni Sessanta. Tema discusso da tanti anni anche in Valle d'Aosta e basta guardare, anche nel cuore delle stagioni invernali ed estive, quante siano le imposte chiuse in un qualunque condominio, che sia una località di grido o - peggio ancora - in paesi più piccoli a minore appetibilità turistica. Spesso poi si tratta di appartamentini datati e molto piccoli, ben diversi dagli standard attuali, che perdono di interesse per chi li eredita e raramente i nuovi proprietari riescono a disfarsene. I condomini più vecchi soffrono in più di evidente obsolescenza anche a causa della scarsa manutenzione e si sa come case non abitate finiscano davvero per cadere a pezzi.

Il blocco dell'edilizia per turisti è una realtà che si è manifestata un po' in tutti i Paesi delle Alpi o con legislazioni regionali o con scelte intelligenti nei piani regolatori, ma esiste il vastissimo patrimonio edilizio pregresso, che congela posti letto e le formule di affitto funzionano così così. La grande maggioranza sbarra la casa e la lascia lì. Forse quest'anno - così dicono gli esperti - il processo in parte si invertirà. Molte case riapriranno anche nella nostra Valle per via dei timori del "covid-19" ed anche per la minore attrattività delle località marine, dove l'assembramento è una realtà difficile da evitare. Per non dire dell'ovvietà della difficoltà di scegliere mete internazionali, visto che parecchi Paesi del mondo non accettano turisti italiani. A dimostrare il fenomeno sono anche gli affitti stagionali che sembra si stiamo espandendo in queste settimane di terza fase del "covid-19" e sarebbero dappertutto, più lunghi del solito, perché molti scelgono quella parte salutista della montagna e taluni - in "smart working" - scelgono di lavorare in zone più amene delle città. Reinhold Messner, ormai grande vecchio delle Alpi (gli anni passano anche per lui), segnala il fenomeno con un articolo su "La Stampa" in un testo raccolto da Enrico Martinet. Segnala e ne ho avuto conferma io stesso - che forse, dico forse - che questo potrebbe valere anche per vallate e località meno famose e praticare dai turisti. Scrive: «Sarebbe intelligente, molto intelligente. I cittadini, i turisti scelgono le valli montane meno conosciute? In Alto Adige non l'ho ancora avvertito, ma se davvero fosse così e non soltanto una scelta da fine settimana, allora saremmo di fronte a una novità così forte da poter cambiare il turismo montano. Dicevo di una scelta intelligente perché se cerchi una villetta in affitto in un luogo più isolato, lì il virus non lo prendi, ma puoi godere della bellezza, del silenzio che è nei suoni della natura. Scelta intelligente anche perché dopo mesi di vita chiusa in casa, dopo il blocco delle attività, dopo il dolore, i timori del contagio, è corretto cercare il mondo degli spazi aperti, dell'aria pura, l'incontro con la tranquillità. Ecco perché parlo di possibilità di un cambiamento nel turismo della montagna, attratto come tante altre cose dalla velocità, quasi dall'aggressione del territorio. Se la gente esce dalle città per una giornata da trascorrere in montagna, non importa se in un grande albergo, non importa se in una cittadina di moda, ma per avere il contatto con la montagna, allora il passo, dico culturale, sarebbe grande. Se il cittadino ambisce a una vacanza in mezzo alla natura alpina forse è perché si rende conto che è questo ciò che voleva avere, dopo essere rimasto intrappolato per mesi. Conosco una vallata in Austria molto rinomata per il turismo, dove tutto è organizzato a puntino ma dove il virus si è molto diffuso, mentre in altre, belle ma più povere nel senso dell'industria della vacanza, la situazione è stata più controllata. Ed è proprio qui che la vacanza si sta indirizzando. Questo cambiamento di mentalità, verso cioè la scoperta di paesi e vallate dove l'ambiente è padrone, potrebbe avere una ricaduta economica molto più importante per le Alpi. Un'economia più diffusa, non concentrata. Allora di fronte all'offerta di un turismo sempre più efficace come organizzazione si contrapporrebbe la domanda di un turista in cerca di una montagna tranquilla, fatta di silenzio e di bellezza. Potremmo così dire che questo turista, quello che va a cercare i luoghi isolati, pieni di fascino, diventerebbe il motore per poter cambiare la percezione della montagna e soprattutto per trainare un altro turismo montano». Detto da lui, che è persona che da anni riflette sulle Alpi (senza il terribile aspetto del "buon selvaggio" del caricaturale Mauro Corona), c'è da rifletterci.