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26 feb 2020

Quel doppio anniversario

di Luciano Caveri

Ci sono evidenti casualità, che ti fanno pensare e che situano la tua vita dentro direttrici in cui alla fine cerchi di riconoscere te stesso. Mio papà, Alessandro ("Sandro"), nacque a Belluno il 22 febbraio del 1923, dove mio nonno Renato, classe 1867, fu Prefetto dal novembre del 1920 al settembre del 1923. Io il 22 febbraio del 1980 entrai alla "Rai" come praticante giornalista e dunque oggi - oltre a ricordare il mio papà - sono quarant'anni che sono dipendente dell'emittente pubblica, anche se dal luglio del 1987 al marzo del 2009 fui in aspettativa per mandato politico. Questa situazione di avere un proprio lavoro alle spalle è un fatto importante, perché chi ha un mandato elettivo deve avere un mestiere cui poter ritornare, esaurita la propria esperienza per essere una persona più libera.

E sono conscio di avere potuto godere di questa circostanza e ogni tanto penso - ma trattasi di un'inutile simulazione - a che cosa sarebbe successo se non avessi deviato la strada del giornalismo per una carriera politica ricca di soddisfazioni e dunque non è un chissà quale pentimento, ma solo un esercizio di stile. Posso dire che il tempo che passa fa una certa impressione. La velocità con cui il tachimetro della vita gira da una certa età in poi impone scelte sulla propria vita, perché non si ha più - sempre potenzialmente perché mai sappiamo di che cosa possa capitarci - quel tempo a disposizione che potevo avere da ventenne e neppure purtroppo le medesime energie. Tuttavia non ho perso quella di voglia di fare che penso sia - tornando a lui - la principale caratteristica di mio papà e forse di una genia più lunga, se è vero che mio nonno Renato era uomo preciso, fattivo, direi al limite della maniacalità. Mio padre diceva che suo padre li ammoniva: «Se non avete nulla da fare, aprite e chiudete le porte» e Laurent Ferretti - aostano de souche - da nonuagenario mi diceva che i commercianti del Borgo la mattina mettevano all'ora gli orologi quando vedevano mio nonno solcare la natia rue Saint-Anselme nel Bourg di Aosta. Suo figlio Sandro, ma ricordo anche i suoi fratelli e sorelle, avevano ereditato questa etica del lavoro, accompagnata dalla morale severa - ma non bacchettona - della loro mamma Clémentine Roux. Mi ci riconosco in questa logica, condita dall'umorismo che ricordo nelle feste di famiglia, che accompagnava l'impegno lavorativo, quello civile ad un desiderio di guardare il mondo dall'ombra positiva del proprio campanile, che nel loro caso era quello della Chiesa di Sant'Orso. Così festeggio questo anniversario "Rai" pensando a loro ed al debito di riconoscenza che bisogna avere per chi c'è stato prima di noi, sperando che da modesto anello di una catena abbia potuto seminare qualche cosa di simile al seme dell'impegno e dell'onestà. Con Miguel de Cervantes riguardo al tempo che regola le nostre vite e permette queste incursioni di pensiero: «Ieri non è che un sogno e domani è solo una visione, ma ogni giorno ben vissuto rende ogni ieri un sogno di felicità ed ogni domani una visione di speranza».