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16 ago 2019

Riflessioni ferragostane

di Luciano Caveri

Ci vuole sempre una certa pazienza di questi tempi nella lettura dei giornali per evitare che vada per traverso il caffè mattutino e bisogna essere zen per sforzarsi che comportamenti altrui non finiscano per far iniziare la giornata già piombati nel cattivo umore, stato d'animo che considero pernicioso. In politica anche le più grandi porcherie sono sempre giustificate da nobilissime ragioni. La fantasia non manca e copre tutte le posizioni sullo scacchiere e qualunque ideologia sa appoggiarsi a valori nobili ed a massimi sistemi anche quando si è coi piedi ben infilati una palude (per alcuni con sabbie mobili destinate ad inghiottirli). E tuttavia il mondo complesso in cui siamo obbliga a cercare di fronte a qualunque crisi delle soluzioni e bisogna cercare, se possibile, quelle buone e non i tentativi appena descritti in voga a Roma e pure ad Aosta, che servono - perché questo è l'esito degli "inciuci" - ad allontanare i cittadini dalla democrazia o con l'astensione o con l'uso degli intestini più del cervello.

Esiste uno spazio di riflessione - per quel che mi riguarda - a costo di sembrare "Alice del Paese delle Meraviglie" e quindi in un bizzarro mondo parallelo, quando invece tocca fare i conti con ambizioni, inimicizie, interessi vari, legittimi e no. Questo sforzo propositivo vale anche per la minuscola Valle d'Aosta ed il suo futuro, che visto dall'esterno potrà pure sembrare una questione minuscola. Ma non è la taglia che dà più o meno importanza. Per la nostra piccola Regione alpina, senza illudersi di vivere in un rassicurante "hortus conclusus", la questione di avere Istituzioni pubbliche efficienti e pulite è una questione capitale perché l'alternativa è il cammino forse già avviato di finire "mangiati" dai nostri vicini (l'idea delle macroregioni torna periodicamente), sacrificati ad interessi esterni sul nostro territorio e spogliati dalle nostre risorse. Per giungere a questo punto di passaggio, vero bivio per l'avvenire, c'è chi si è impegnato e in poco tempo si è passati da essere un modello funzionante ad una comunità indicata con il dito (talvolta quello medio) per avvenimenti gravi e una crisi economica e persino identitaria che rischia di farci fare una brutta fine. Chiusa - forse - l'epoca rollandiniana, oggi c'è chi cerca una leadership forte per traghettare verso nuovi lidi il piccolo e litigioso vascello dell'Autonomia. Non credo che questa battaglia per la successione sia così appassionante e, pur ritenendo che i leader in una comunità servano, penso che mai come ora conti semmai avere un'équipe seria e funzionante con elementi nuovi e vecchi per fare quanto necessario per raddrizzare la situazione. So quanto sia difficile il senso di squadra, quando si sono accumulati nel tempo - spesso per ottime ragioni - elementi di astio, incomprensione, dissidi e antipatie. Mentre la Valle viaggia verso il baratro, passeggeri ed equipaggio dell'immaginario treno valdostano possono continuare ad azzuffarsi, ma sarebbe bene mettersi d'accordo e piantarla lì nel nome di quel "bene comune", che ormai viene talmente sbandierato da sterilizzarlo, rendendolo un elemento utile per ogni pretesto. Eppure non esiste al momento alternativa ad elezioni chiarificatrici del quadro, che prevedano però senso di responsabilità e fissazione di priorità che evitino di buttare tutto in vacca, in un eccesso di veleno che può uccidere sia chi ne è destinatario sia chi lo sparge. Non si tratta di invocare logiche da "unità nazionale", perché il pluralismo non prevede unanimismi di cartapesta, ma ci sono problemi da risolvere e cose da fare che possono prevedere convergenze intelligenti, laddove lo sforzo corale è necessario. Capisco quanto sia facile sbeffeggiare proposte così nel nome della routine che annega il buonsenso e dei meccanismi oliati degli scontri considerati utili a favore delle proprie tifoserie, ma lo scrivo lo stesso, spero non solo a futura memoria.