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30 lug 2019

Camaleonti e trasformisti

di Luciano Caveri

Fa sempre impressione vedere in "Blade Runner" - celebre film di fantascienza del 1982, diretto da Ridley Scott - la scena interpretata da Rutger Hauer, l'attore olandese morto in queste ore, nel suo ruolo magistrale del replicante, un essere umano sintetico protagonista del monologo diventato proverbiale: «Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi. Navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione... e ho visto i "raggi B" balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser. E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo, come lacrime nella pioggia. E' tempo di morire». Proverbiale perché l'inizio viene adoperato, con toni che vanno dal serio al faceto, quando si vuole significare di averne viste di tutti i colori e di mantenerne su certi fatti una buona memoria, in un mondo in cui la smemoratezza viene usata dai più furbi della compagnia.

E' quanto ormai mi capita quotidianamente nell'osservare le vicende di quella politica valdostana, che seguo da tempo quasi immemorabile, prima come cronista poi dall'interno e ora in una situazione intermedia che mi pone sempre di più - direi a mia tutela - "au-dessus de la mêlée", come si dice per chi cerchi di tenersi fuori dalla lotta, dai litigi o dalle competizioni, sforzandosi di guardare gli scenari in corso almeno con il distacco che viene dalle molte esperienze. Bagaglio che non è una vergogna come si sforzano di considerare certi "nuovisti" della domenica o sedicenti tali, che si dimenticano i loro ruoli nell'ancien régime che ha preceduto la magnificata ed evanescente "nuova era". Questo non mi impedisce di formarmi delle opinioni e di ritenere che, in certi momenti, sia legittimo essere sgomenti. Sarà pur vero che «solo i morti e gli stupidi non cambiano mai opinione», come osservava lo scrittore inglese James Russel Lowell, sempre a proposito di frasi celebri, ma trovo sempre più stimolante notare che ci sono in giro in Valle d'Aosta dei professionisti del camaleontismo. Da dizionario sarebbe: "atteggiamento incostante, di chi, per opportunismo, muta facilmente opinioni, specialmente politiche, secondo le circostanze (così come il camaleonte muta colore)". Noto che il termine "incostante" darebbe l'impressione di una qualche casualità, mentre il vero camaleonte lo fa in modo costante proprio per seguire la propria sopravvivenza. Si tratta cioè della capacità di alcuni "animali politici" di seguire la teoria evoluzionistica per restare in vita e senza aspettare mutamenti generazionali, ma cambiando a seconda di vantaggi assai contingenti. «Venghino, venghino signori a vedere la prodezza!». Ed ecco la capriola da cui spunta la girandola in carne ed ossa! Se non ci fossimo capiti vale l'altro termine tutto italiano, quel trasformismo che così viene definito: "prassi di governo fondata sulla ricerca di una maggioranza mediante accordi e concessioni a gruppi politici eterogenei, e talvolta a singoli esponenti di un partito avverso, allo scopo di impedire il formarsi di una vera opposizione, con particolare riferimento a quella inaugurata dallo statista Agostino Depretis negli anni successivi al 1880". Incredibile come termini entrambi ottocenteschi mantengano uno smalto e dimostrino che «nihil sub sole novum» («non c'è nulla di nuovo sotto il sole»), cioè vizi e virtù della politica si rinnovino con straordinarie costanti e fra questi i cambi di rotta, specie in barba agli elettori e ai programmi politici, restano una triste costante. Trovo, tuttavia, ad Aosta come a Roma, un costante peggioramento, che deriva da un crescente dilettantismo e da una mancanza di spessore culturale, che innesca talvolta un rimpianto per tempi passati che si consideravano cupissimi e che oggi, rispetto a certe miserie, sembrano a confronto splendidamente colorati.