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03 lug 2019

Fra evoluzioni e miraggi

di Luciano Caveri

Seguo con viva curiosità le evoluzioni degne del miglior ginnasta che caratterizzano la politica valdostana e che mirano a non andare a votare con motivazioni che ciascuno può giudicare se siano o meno degne d'attenzione. Sbaglierò ma fuori da Palazzo regionale cresce l'incomprensione verso manovre che, ammantate di "nobili principi", paiono servire ad allungare il brodo per restare ai propri posti, costi quel costi. Ci vorrebbe qui, come capita sul Web, un beffardo annuncio pubblicitario della "Bostik", la celebre colla, che può essere spalmata sulle sedie di chi vede all'orizzonte la fine di una carriera politica, per molti neppure così brillante. Particolarmente divertente, se non si tingesse di colori cupi, è la storia – che sembra il verme attaccato all'amo per prendere i pesci - delle "Grandi Riforme" ed in particolare dell'elezione diretta del presidente della Regione o addirittura dell'intero Governo regionale.

Non sto a dilungarmi - lo farò semmai quando sarà il momento - sulle ragioni che mi fanno dubitare e parecchio su questo rafforzamento dell'Esecutivo in un momento di crisi epocale anche in Valle del ruolo delle Assemblee elettive, che incarnano una buona parte della sovranità popolare. Già nel tempo, modificando di fatto lo Statuto, il presidente - l'ho vissuto di persona - ha cessato il ruolo immaginato dai costituenti, diventando in eccesso il centro di tutto e, in interpretazioni distorte del ruolo, è stato proprio l'inseguimento spasmodico di risultati elettorali stellari - a ricopiatura dell'elezione diretta - a creare meccanismi clientelari e corruttivi di cui abbiamo avuto, purtroppo, esempi. Non mi stupisce che certa logica cesaristica venga da una Sinistra nostalgica già comunista ed in parte virata senza successo in area ambientalista (nota la battuta del cocomero, verde fuori e rosso dentro). Esiste una tentazione dirigista e totalitaria anche nelle persone sinceramente democratiche ed oggi rafforzare i poteri governativi va in una direzione opposta a tutte le storie che abbiamo sentito su partecipazione popolare e ricopiature goffe dei sistemi referendari alla Svizzera, dove gli Esecutivi ruotano non a caso per smitizzare i ruoli di potere. Le riforme sul sistema di governo e su quello elettorale devono essere condivise il più possibile e, almeno per la forma di governo, ci vuole uno spirito quasi costituente e non un clima di lotta feroce come l'attuale, e non mi si dica che tutto questo affannarsi è solo contro la Lega e il suo supposto neofascismo, ammettendo almeno che questo prendere tempo, per qualcuno, deriva dalla constatazione che sarebbero proprio i cittadini a firmare il certificato di morte di alcune forze politiche e di certe personalità assai "vintage" che oggi corrono in soccorso di chi è in area autonomista ed è stato "bestia nera" per molto tempo. Non dimentico certi eccessi di antivaldostanità, certe prediche della Valle da convertire ad un pauperismo monastico sino all'assurdo di chiedere di essere meno ricchi e meno privilegiati in una visione sconcertante dai risvolti penitenziali di uno sviluppo da evitare. Sono sempre stato in prima linea a ritenere che l'ordinamento valdostano, con modifiche statutarie ed intanto con "norme di attuazione" e con una legislazione regionale originale e non fatta di approssimazione e ricopiature, debba essere rivisto ed aggiornato, ma ci vuole il clima giusto per farlo e certe leggi statutarie - che prevedono maggioranze rafforzate non a caso - non possono essere votate con maggioranze striminzite su cui penderebbero referendum che potrebbero spazzare via i "furbetti del quartierino" che copiano il peggio della Prima Repubblica con "documenti monstre" degni dei Soviet e con riunioni fiume nelle segrete stanze per giungere alla fine a montagne che partoriscono topolini. Forse, alla fine, conviene davvero essere spettatori e vedere come virerà la discussione in corso. Poi bisognerà occuparsene non solo denunciando certe assurdità, fatte di capriole e voltafaccia, ma avendo la pazienza di ricucire piano piano una progettualità, che miri a risolvere problemi concreti, compreso naturalmente il tema della governabilità nel suo insieme. A condizione che non si tratti, come in questo caso, di un alibi per prendere tempo. Ed invece di questi tempi proprio il tempo è prezioso: in un mondo che cambia in fretta bisogna saper reagire e non traccheggiare, fissandosi chissà quali orizzonti da raggiungere quando somigliano ai miraggi nel deserto.