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28 giu 2019

E-bike: avere il pane e non i denti

di Luciano Caveri

Questa storia dell'e-bike, la bici elettrica a pedalata assistita, è interessante ed è probabile che non si tratti di un fuoco di paglia, ma di qualcosa che inciderà in profondità nei costumi. E' strapieno di siti che si fanno pubblicità, esaltando le migliorie periodiche che ciascuna società sta facendo per rendere sempre più performante queste bici e non solo per la durata delle batterie. Forza della logica della vituperata concorrenza, che fa da stimolo ai miglioramenti. Chi agogna ad uno Stato che torni protagonista in interi settori economici, in una logica colbertiana, ci rifletta. Sul passato è interessante quanto ricorda il sito di Nexum.bike: "Il primo brevetto apparve nel 1895 e fu registrato da un gentiluomo americano, Odgen Bolton Jr.. Non abbiamo molte notizie su di lui, ma sappiamo che la sua invenzione prevedeva un motore montato sulla ruota posteriore - un'idea che fu trascurata nell'evoluzione del design delle e-bike fino a una decina d'anni fa. Successivamente, un newyorchese di nome John Schnepf inventò un sistema di frizione a rullo per guidare la ruota posteriore. Circa cinquant'anni più tardi, al californiano Jesse D. Tucker fu concesso un brevetto per un motore con ingranaggio interno, la ruota libera e, perciò, la possibilità di usare i pedali con o senza il motore elettrico".

E ancora: "Nel 1992, una società di nome "Vector Services" inventò un'e-bike che commercializzò come "The Zike": questa includeva una batteria al nickel-cadmio, integrata nel telaio, e un motore magnetico. Il sensore di coppia e il controllo della potenza furono sviluppati a metà degli anni '90. A partire dal 2001, il termine "e-bike" cominciò ad essere utilizzato comunemente (insieme con "pedelec" e "bicicletta a potenza assistita") e molto presto i motori integrati - come quello che Odgen Bolton Jr aveva inventato esattamente alla fine del secolo precedente - riapparvero sulle ruote posteriori. Oggi le e-bike sono tra i mezzi di trasporto più popolari al mondo". L'incremento è impressionante e sulle Alpi il loro uso è esploso, dando ossigeno al turismo estivo e nelle stagioni di mezzo. Nel caso valdostano già la mountain bike aveva aperto una nuova clientela per la bicicletta e non a caso sul sito turistico della Regione autonoma si legge: "In Valle d'Aosta, sentieri boschivi, mulattiere e strade poderali formano una rete di più di mille chilometri di itinerari sterrati, molti dei quali si prestano ad essere percorsi in mountain bike. Per cominciare a conoscerli, ve ne proponiamo una selezione, ma con i maestri di MTB potrete scoprire molti altri tracciati". Oggi con l'elettrica, oltre a questi percorsi, si aggiunge l'intera rete stradale: che siano le statali, le regionali o le comunali l'esito sono altre centinaia di chilometri da percorrere con la maggior facilità di questi nuovi mezzi. Ma per le strade poderali esiste il problema delle responsabilità per il transito, partendo dalla normativa regionale sulla circolazione. Il sito del Corpo forestale valdostano ricorda: "La necessità di raggiungere diverse località per un utilizzo più razionale delle risorse agricole e forestali, ha dato origine alla costruzione di strade di accesso in diversi luoghi della Regione. Da qui è nata l'esigenza di regolarne il transito al fine di salvaguardare l'equilibrio naturale che sarebbe danneggiato da un numero eccessivo di transiti veicolari, con la conseguente pressione antropica su un territorio da salvaguardare. Nasce, così, la legge regionale 22 aprile 1985, numero 17 che regola la materia". Così prosegue la nota: "La legge regionale 17/85 vieta la circolazione ed il parcheggio di veicoli a motore al di fuori delle strade aperte al pubblico. Il divieto di transito, sulle strade rurali, è segnalato da appositi cartelli, posti all'imbocco delle strade". Si aggiunge sul transito: "Innanzitutto vi sono i titolari di diritti reali e di godimento degli immobili serviti dalle strade, poi vi sono coloro che accedono al territorio rurale per motivi di lavoro, ed infine gli autoveicoli delle persone con invalidità superiore all'ottanta per cento o motulese, munite dello speciale contrassegno con la carrozzella, di cui all'articolo 381 del Regolamento al Codice della Strada (DPR 495/1992)". Da aggiornare - ed in Consiglio Valle se ne sta parlando - è proprio la legge ed il problema serio sono i rischi penali e civili per i titolari delle strade poderali, in genere Consorzi, di fronte ad incidenti che avvengano lungo il percorso e ciò rende problematico l'uso delle strade con le bici, comprese quelle elettriche. Personalmente credo che si debba ragionare tutto campo per molte attività sportive e di svago in montagna con l'obbligo di essere dotati di polizze assicurative obbligatorie che garantiscano ampie coperture per le diverse tipologie di rischio per evitare la sistematica ricerca di un colpevole costi quel che costi con effetto "capro espiatorio". Altre zone alpine hanno regolato la questione e dunque tocca al legislatore regionale fare il proprio dovere per non perdere le grandi potenzialità delle e-bike. Sarebbe come avere il pane e non i denti...