Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
02 apr 2019

La famiglia e i diritti civili

di Luciano Caveri

Chiunque voglia parlare di famiglia ha il mio appoggio e partecipo volentieri alle discussioni: mi piace ogni occasione dialettica e trovo che questo tema sia decisivo anche in una piccola realtà come la Valle d'Aosta a "crescita zero" - una vera crisi demografica! - che rischia di farci scomparire. Certo, il mio riferimento resta il "federalismo personalista", che - come da definizione - intravvede nella famiglia una delle cellule fondamentali della società e come tale va considerata: una comunità. Senza farne un feticcio e conscio di tutti i limiti e le asperità che ci sono, confermo che si tratta di uno dei tasselli a fondamento del nostro modo di vivere. La famiglia è meno vasta e ramificata che in passato, ma resta un elemento essenziale anche nell'attuale versione ristretta.

Per cui la famiglia sarà pure un'istituzione naturale da quando l'homo sapiens ha cominciato a sviluppare la sua intelligenza e definito una propria vita sociale, sdoganata da quelle più elementari delle altre scimmie, ma sia chiaro che è proprio la nostra intelligenza a creare nuove forme di aggregazione nel nome dei diritti civili che differenziano noi dal mondo animale, che, con buona pace degli animalisti, ha regole di vita diverse dalle nostre. Va bene parlare di famiglia senza visione passatista e soprattutto - come si fa a Verona in queste ore, nel famoso convegno mondiale dove converge di tutto un po' - e senza mettere di mezzo conquiste di civiltà come il divorzio, la regolamentazione dell'aborto, i diritti della donna e degli omosessuali. Tutto questo - modus in rebus - attraverso le regole del Diritto, che evolvono nel tempo e chi pensa di tornare nel passato sbaglia, come sbaglia chi non consente alle teorie - anche le più strampalate - di dire la loro sino a quando si resta negli steccati della civiltà e del rispetto reciproco. Se si esce da questo seminato, io non ci sto. Personalmente - per andare al concreto - sono divorziato ed ho una famiglia "allargata" e credo nella famiglia molto di più di tanti ipocriti che hanno vite parallele e si purgano la coscienza nel confessionale, oppure che sbandierano la famiglia e nel privato ne fanno peggio di Bertoldo in Francia. Il problema vero è aiutare le famiglie, ritenere il matrimonio (laico o religioso) come un'istituzione rispettabile e fare in modo che la natalità non sia un disvalore, ma una giusta esigenza che ingabbia le donne in un ruolo riproduttivo ma che sostanzia, quando i figli possono nascere anche con tecniche nuove, il nostro stare al mondo, avendo la giusta esigenza di avere nei nostri bambini il nostro futuro ed il futuro della nostra umanità. Il resto è una strada con un bivio: da una parte ci stanno le ideologie che si combattono spesso con reciproche posizioni talebane, che sia il femminismo vecchio come il cucco, che adombra una donna che perde ogni suo particolarità nel nome di una parità senza più differenze positive, o l'integralismo cattolico e destrorso che vorrebbe la donna come angelo del focolare con evidente assonanze con il mondo islamista; dall'altra ci stanno misure pratiche che valorizzano le famiglie (al plurale), dando strumenti concreti fiscali e di servizi perché abbia senso stare assieme con regole del diritto ed agevolazione per chi desidera avere dei bambini. Robe tipo il "reddito di cittadinanza" spingono persino a separazioni fasulle, così come la propaganda del genere «non ci sposiamo perché siamo più liberi», che è una de-responsabilizzazione in una logica di cui non colgo l'aspetto libertario. Insomma: gli opposti estremismi mi deprimono, così come l'incapacità dei più di passare da lunghi elenchi di cose da fare a farle veramente attraverso il vero strumento, che sono le leggi. Ma basta vedere la produzione legislativa in tema del Parlamento così come del Consiglio regionale della Valle d'Aosta per capire che siamo tutti bravi ad esibire cartelli e tazebao, meno ad affrontare in concreto i problemi veri delle nostre famiglie. La famiglia non è un reperto da museo, ma qualcosa di vitale che cambia e muta e non si può tornare ad un passato dipinto come mitico, ma bisogna che si muova secondo dei ritmi attuali, senza farne una caricatura, ma neppure pensando che le strutture sociali siano intoccabili. Resta, come sempre, la propaganda, che manifesta il terribile limite di non consentire il dialogo ed i feti in plastica esposti a Verona fanno rabbrividire e squalificano chi li ha immaginati. Resta una necessità: io la penso così, l'altro la pensa in modo opposto e trovare una sintesi è faticoso e difficile, ma è lo scopo della democrazia contro l'arbitrio. La violenza che si innesca poi, in questo mondo, resta la cosa che più mi fa paura.