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20 nov 2018

Voglia di sci

di Luciano Caveri

Ci sono cose che ti riportano indietro nel tempo e non c'è peso degli anni che tenga. Uno di questi è lo sci da discesa, pratica sportiva straordinaria per il vantaggio di poterla praticare en plein air e, nel caso valdostano, per chi voglia saltabeccare da stazione a stazione (grazie a formule di abbonamento digitale che rendono tutto più facile) la varietà dei panorami non ha davvero eguali. Ogni tanto ci dimentichiamo di quale impressione facciano le nostre alte quote, che pure creano difficoltà di collegamenti intervallivi - rispetto ai caroselli dolomitici - ma hanno il vantaggio di avere neve vera alle nostre alte quote e di poter vedere il volto più rude e più estremo dell'arco alpino.

Ho sciato fin da bambino e le mie imprese sono immortalate in filmati "Super8" di mio papà, in cui c'è un bimbo arrancante con scarponi di cuoio con i lacci, sci di legno con attacchi a scatto, maglione fatto dalla zia con cappello con il pon pon "ton sur ton" anch'esso fatto a maglia. L'iniziazione all'epoca era salire a scaletta o a spina di pesce in un prato qualunque, prima di affrontare lo skilift e poi, di evoluzione tecnica in poi, i diversi impianti di risalita. Beati i bambini contemporanei iniziati allo sci con i tapis roulant. L'impressione, fatta vedere l'immagine del papà quasi coetaneo allora al pargolo più piccolo, è la stessa delle foto in bianco e nero di mio papà ed i suoi fratelli in fuoripista fra la fine degli anni Trenta e Quaranta a Pila. Con la differenza che tutto si sta accelerando e anche l'attrezzatura sportiva, languente per qualche decennio, si accelera sempre più. Guardavo l'altro giorno - ero alla "Genzianella Sport" del Breuil-Cervinia - mentre mi montavano gli sci per la stagione con colori e grafica bellissimi ("Head"!) e con sistemi di montaggio degli attacchi che sono rapidissimi rispetto ai buchi che si dovevano far un tempo. Trovo che con questi sci più corti, per chi ha avuto anche sci lunghissimi, ci si stanca meno e c'è una maggior fluidità, senza eccedere naturalmente nel ridurne la taglia a discapito della tenuta. Può essere che gli sciatori di oggi non colgano bene i progressi fatti con gli scarponi: ricordavo all'inizio dei lacci e dello stupore di vedere i primi "Lange" in plastica, oggi il confort è ancora diverso e ci sono ormai così tanti modelli che possono calzare a pennello anche nel piede di Cenerentola. Personalmente amo - e per ora non solo con la memoria - qualche "uscita" fuoripista e viene in mente quella frase dello scrittore svizzero Charles Gos: «Les pointes de mes skis glissaient avec un froissement furtif et émergeaient comme deux petits périscopes. Derrière moi, le silence légèrement bourdonnant refermait son sillage». Neve polverosa, che pure non è quella d'antan perché il cambiamento climatico agisce anche sulla qualità della neve e non solo sulla quantità, che nasconde molte insidie, di cui molti sono inconsapevoli. Esiste una tracotanza anche dei più esperti, ben analizzata da chi studia i comportamenti, che porta spesso a sottovalutare i rischi. Devo aggiungere, però, che nulla assomiglia alla libertà di sciare ovunque della neve trasformata primaverile, quando si possono scendere in sicurezza zone scoscese con quel rumore delle lamine che aggrediscono il suolo ghiacciato. In pista quel che oggi colpisce di più è la caratteristica derivante dalla battitura su pisce lisce e omogenee, che rievocano al contrario l'incubo di piste gibbose e ghiacciate che nessun giovane praticante dello sci dovrà subire. Ma proprio la velocizzazione, dovuta a sci e piste nel comitato disposto, obbligano - maledizione! - a dotarsi del casco, protesi cui mi sono dovuto piegare anch'io nella consapevolezza che se qualcuno ti centra ad alta velocità c'è poco da scherzare, come dimostrato dalla casistica crescente delle commozioni cerebrali. Sottoscrivo uno dei pionieri dello sci, Otto Schniebs: «Qualunque sia il grado di abilità che uno sciatore può possedere, non dovrebbe mai dimenticare che i suoi sci sono dopo tutto solo uno strumento, un mezzo attraverso il quale egli può godere l'inverno in tutto il suo splendore e la robustezza, respirando l'aria fresca e pulita, incontrando altri esseri umani nel loro vero carattere, e dimenticando tutti i problemi che affliggono la nostra meschina civiltà». Queste sono alcune delle ragioni per le quali lo sci non è solo uno sport - è un modo di vivere.