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05 mar 2018

Dicono delle montagne

di Luciano Caveri

Qualunque cosa abbia nel titolo la parola "montagna" è per me attirante: ho passato una vita in politica a cercare di trovare soluzioni per i problemi delle montagne e già dall'uso del plurale si deve riflettere su un evidente paradosso. I territori montani sono diversi fra loro - e non solo per l'altimetria - ma esistono comuni denominatori che obbligano a guardarsi l'un con l'altro alla ricerca di quelle che il lessico comunitario chiama "buone pratiche". Ma le montagne non sono esseri viventi e dunque la discussione cammina attraverso le gambe degli uomini e in quel rapporto sempre difficile fra "Monte" e "Piano", fra chi ci abita e chi la frequenta e facendo anche attenzione a chi attorno alla montagna macina business con provvedimenti ad hoc di spoliazione dei diritti dei montanari, fingendo il contrario. Certo è che le Alpi restano un paradigma e l'uso dell'aggettivo "alpino", che spesso coincide con "montano", dimostra questa primazia di montagne in cui le modellistiche diventano, nel bene ma anche nel male, esemplari.

Forse si sarebbe dovuto, ad essere pignoli, intitolare più "Voci sulla montagna" che "Voci di montagna" il libro di cui vi parlerò. Ma in realtà - con il suggestivo sottotitolo "le parole, gli sguardi, i silenzi" - si spiega un'altra ragione di questa pubblicazione di 235 pagine (prezzo 16 euro) di Nicola Alessi e Silvia Granata per "LeChâteau". Infatti sono interviste trasformate in testi filanti con il racconto di persone che, quasi tutte, sono diventate montanari d'adozione con gradi diversi gli uni dagli altri, oltre a qualche minoranza di montanari autoctoni. Ovvio che gli intervistatori abbiano scavato nelle vite dei 32 personaggi prescelti e presentati in ordine alfabetico per evitare preferenze, che coprono un arco molto vasto di esperienze diverse e questo rende la lettura interessante, né cattedratica né per addetti ai lavori. Sono storie personali, talvolta di famiglia, che offrono squarci dell'esistenza di ciascuno, creando poi un effetto - a lettura conclusa - di un insieme derivante dai diversi pezzi del puzzle che rende chiari i diversi percorsi dell'amore per la montagna, dall'affetto blando alla passione vera. Si comincia con un intenso Umberto Ambrosoli, avvocato e politico milanese, che racconta in particolare del suo compenetrarsi con la comunità di Gressoney e ammonisce, tra l'altro, sui pericoli sempre presenti in montagna e del calore che si può ricevere quando la frequentazioni con i montanari si trasforma in amicizia. Si conclude con lo scrittore comasco Andrea Vitali, che racconta della sua montagna che si eleva dal livello lacustre, ma è fatta anche di letture importanti di scrittori di montagna, ma sfuggendo al "pensiero unico" - esistente in altre testimonianze - del "solo montagna". Senza spezzare l'incantesimo della scoperta dei singoli contributori del libro, qualche citazione ulteriore - del tutto arbitraria nella scelta - la vorrei fare. Si scopre una vena letteraria nella fondista occitana, Stefania Belmondo, una fra i montanari intervistati. La sua è una montagna vissuta e non solo nelle fatiche del fondista agonista, ma in quella montagna rurale alpina fatta di cose semplici e di disciplina, che lei ha trasfuso evidentemente nello sport. Molto dotto e intenso il racconto di Franco Brevini, professore universitario e scrittore, da cinquant'anni frequentatore di Cogne, riconoscente - per la sua scoperta della montagna - allo zio prete, Giovanni. Racconta in modo suggestivo quell'alpinismo che cambia e anche questo è un modo nuovo di vedere la montagna della alte cime. C'è poi la storia di famiglia di origine di Issime di Evelina Christillin, che inevitabilmente arriva dalle esperienze giovanili alle Olimpiadi di Torino del 2006, in cui giocò un ruolo importante. Altrettanto interessanti sono le vicende dello scrittore fattosi montanaro, Paolo Cognetti, dello psichiatra Paolo Crepet e del climatologo Luca Mercalli. Spicca nella sua brevità l'ultracentenario Gillo Dorfles, personaggio del mondo artistico, che eleva la Valle d'Aosta al rango di "vera montagna", così come sulla montagna il giornalista Enrico Martinet dimostra ormai la trasformazione a scrittore con evidente tendenze filosofiche. Molto accurata la ricostruzione del suo rapporto con la montagna della giornalista Silvia Giacomoni, che rievoca anche suo marito, Giorgio Bocca, che scelse, pur cuneese, di diventare un valdostano (è sepolto a La Salle). Singolare il dialogo a due voci fra Valerio Onida, grande giurista, ed il figlio Marco, funzionario europeo, anch'essi valdostanizzati da moltissimi anni. Mi fermo qui per rovinare la sorpresa con altre storie contenute nel libro, che ha il merito appunto di far pensare a come il medesimo oggetto - le montagne e tutto ciò che c'è attorno - possa essere visto in modi molto diversi fra loro e per altro ogni persona è diversa dall'altra e le sfumature dei pensieri e dei sentimenti possono essere, come sono, davvero molteplici.