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22 lug 2017

Migranti senza soluzioni politiche

di Luciano Caveri

Certe testimonianze e alcuni racconti, specie di fronte alla telecamera, ti fanno piombare nelle situazioni soggettive dei migranti e si prova per molti di loro una naturale empatia. Storie di vita che hanno una sola chiave di lettura: la speranza. Ad eccezione, ma penso non si facile distinguerli, di quegli islamisti infiltrati in missione in Europa per la loro Fede distorta per farci del male. Il fenomeno dei migranti non è nuovo, ma certo l'eccezionalità sta oggi nei flussi di arrivi ormai pazzeschi. Ricordo come il tema ebbe due picchi, quando ero in politica, entrambi negli anni Novanta. Il primo era un'ondata di arrivi dal Maghreb senza alcuna ragione legata al riconoscimento dello status di "rifugiato": osservai al tempo da giovane deputato - e un sacerdote raccolse contro di me le firme di molti parroci - che un'accoglienza senza regole certe avrebbe sortito problemi e che se le ragione degli arrivi era la povertà dei Paesi di partenza (il diritto d'asilo per ragioni politiche è da sempre altra questione) qualcosa andava fatto anche lì.

Ricordo che ne parlai con il leader radicale Marco Pannella, che conduceva già allora una campagna in favore di una cooperazione internazionale seria per riequilibrare il baratro fra Nord e Sud del mondo, profetizzando che prima o poi l'Africa sarebbe esplosa, mettendo - come avviene oggi - un popolo in cammino verso l'Europa. La cooperazione che pure arrivò prese in Italia altre strade, lastricate di scandali che arricchirono "Ong - Organizzazioni non governative" di cartapesta, spesso conniventi con Governi locali corrotti e inetti, a detrimento di chi con serietà si occupava delle tragedie del Terzo Mondo. Poi arrivò, a due passi da noi, la vicenda della fuga dall'Albania, che avrebbe dovuto ammonire sul fatto di come le Mafie - da una costa all'altra del Mediterraneo - siano abilissime ad accordarsi quando ci sono da mettere in piedi lucrose macchine per trasferire a pagamento esseri umani. Una specie di "bancomat" in piena azione ora dalle coste libiche, con i giovani del Centro Africa da trasbordare con rischi sempre minori: oggi si tratta di arrivare alle navi militati o a quelle delle "Ong" che poi li portano nei porti italiani e da lì - anche per via di improvvidi accordi europei del passato come quello stipulato a Dublino nel 1990 (!) e novellato ancora nel 2013 - la "patata bollente" dell'accoglienza rischia di essere sempre e solo italiana. Anche se, mentre la maggior parte si preoccupa dei numero di questo flusso e delle difficoltà conseguenti, nella Cooperazione sociale che poi si occupa dei migranti esiste una percentuale indeterminata di cooperative che di sociale hanno solo il nome e che con il business si arricchiscono, spesso sulle spalle dei Comuni, traditi dal Ministero dell'Interno, visto che l'accordo tra "Anci" e lo stesso Ministero per la distribuzione sui comuni del territorio italiano dei migranti - noto come "Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati - Sprar" si sta rivelando un drammatico flop. Uno fra i tanti nella gestione dei migranti. I dati più macroscopici restano: la mancanza di controlli nei luoghi di partenza in Libia, l'ambiguità di alcune "Ong" che operano con le navi, la percentuale bassa di "rifugiati" rispetto al numero totale dei migranti che mostra che si tratta di emigrazione economica, i nodi irrisolti delle procedure burocratiche dall'identificazione sino al l'impossibilità di operare le espulsioni con il rimpatrio per i Paesi d'origine. E poi: quale futuro d'integrazione per i rifugiati che vogliono restare? Vedo questi ragazzi di colore aggirarsi a piedi o in bicicletta per i nostri paesi e mi chiedo: cosa faranno? Temi difficili. Ma resta la gravità, che ho visto con i miei occhi a Lampedusa anni fa e pure a Pozzallo in Provincia di Ragusa, dove operava un amico poliziotto che mi ha raccontato storie incredibili, di recente aggiornate con la situazione tragica ed esplosiva a Ventimiglia al confine con la Francia. Sui "social" questa storia epocale - che non può restare solo un fatto l'emergenziale affrontato a spizzichi e bocconi senza un reale progetto di respiro europeo - diventa una guerra infinita fra opposti estremismi fra chi aprirebbe a tutti e chi vorrebbe blindare le frontiere. Esempio di come gli ideologismi non consentano in confronti-rissa l'equilibrio necessario che serve per risolverei i problemi e non solo per evocarli in battaglie di bandiera con logiche elettoralistiche, mentre le cose vanno a rotoli.