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05 mag 2017

Coltivazioni e orti vittime del gelo

di Luciano Caveri

Le gelate hanno colpito gravemente l'agricoltura alpina con particolare rudezza nei settori della frutticoltura e della viticoltura e ciò è avvenuto con diversi livelli di danneggiamento al di qua e al di là delle Alpi. Questo comporterà aiuti pubblici ad una agricoltura già più difficile e con handicap ambientali che pesano sui costi di produzione e dunque certi concorrenti della pianura possono presentarsi sul mercato con prezzi non comparabili. Ma nel tempo certe nicchie, non solo per il famoso "chilometro zero" (non bisogna superare i cento chilometri) ma anche per la tipicità dei prodotti e l'appeal della montagna, si sono radicate nei consumatori, che si solo fatti più attenti. In Valle d'Aosta abbiamo molte aziende che sono dimostrazione di storie di successo, ma la Natura purtroppo può sempre metterci lo zampino.

Per Pasqua avevo invitato in radio Alessandro Neyroz, docente e ricercatore dell'"Institut agricole régional", che aveva raccontato - accanto a interessanti storie sulle tradizioni contadine - come la stagione primaverile fosse quest'anno anticipata di una decina di giorni, ma questa situazione poteva dimostrarsi rischiosa per i possibili capricci di stagione, per altro sempre esistiti fra proverbi locali e santi protettori. Lo stesso Neyroz, in un bel opuscolo di anni fa dell'allora Comunità montana "Grand Combin" ammoniva: «Le piante sono esseri eterotermi (non hanno temperatura corporea costante) pertanto il loro funzionamento è strettamente legato alla temperatura ambiente. Con temperature normali funzionano e producono al meglio, se le temperature sono più alte o più basse rispetto alle loro necessità funzionano al rallentatore o non funzionano affatto e conseguentemente le produzioni saranno scarse o nulle. Con temperature troppo basse o troppo alte i vegetali subiscono danni irreparabili ed in alcuni casi muoiono». Purtroppo è quel che è avvenuto e gli agricoltori si preoccupano e lo stesso sta facendo quella base molto più numerosa fatta in Valle da una miriade di orticoltori, che - anche seguendo le fasi lunari - ripartono alla fine dell'inverno e mettono il "turbo", anche seconda dell'altimetria dei loro campi, in primavera, profittando dell'arrivo della bella stagione. Ma purtroppo quest'anno anche per loro il freddo ci ha messo lo zampino. L'altro giorno un'amica di famiglia, Lorenza di Arnad, che dispensa verdure ad amici e parenti, che profittano della sua passione e generosità, parlava delle verdure morte dal freddo nel suo orto con una tenerezza che generalmente - chi non se ne occupa - riserva ai propri animali di compagnia. Era sinceramente commossa del destino infausto dei suoi pomodori e delle sue melanzane uccise dal gelo, descrivendo anche l'inutilità di una serie di misure scelte per limitare i danni in un rapporto pieno di empatia. D'altra parte l'orticoltura è storia antica. Così racconta la ricercatrice Marcela Olmedo nel già citato opuscolo: «La raccolta di piante spontanee è la forma più antica di produzione alimentare praticata dall'uomo. Questo tipo di attività è iniziata in epoca paleolica con un processo empirico, cioè nato dall'osservazione e dall'esperienza accumulata attraverso prove e errori, che ha permesso un graduale adattamento all'ambiente. In questo processo, l'uomo preistorico ha imparato ad identificare le specie alimentari e medicinali e ad evitare quelle velenose. Ci sono però voluti millenni per accumulare le conoscenze necessarie per raccogliere in maniera efficace i "prodotti" stagionali della natura (frutti, foglie, radici, rami) prima di arrivare al passo successivo, cioè quello di "portarsi la natura a casa"». Eccoci al punto chiave alla ricerca degli antesignani, come spiega il proseguo del testo: «Il "portarsi la natura a casa", cioè il trapiantare o seminare vicino alla propria dimora piante selvatiche di interesse alimentare o medicinale, è stata la prima forma di orto oltre che il primo passo verso la sedentarietà, permettendo, anche se ancora solo per periodi stagionali, la formazione dei primi nuclei abita vi stabili. Siamo nel Neolitico, cioè circa diecimila anni fa». Dunque anche i depressi agricoltori valdostani e gli sconsolati orticoltori amatoriali sono parte di una catena lunghissima, che ora come allora fa i conti con le leggi della Natura, che colpiscono talvolta con la purtroppo nota capricciosità.