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26 gen 2017

Lunga e diritta correva la strada...

di Luciano Caveri

Ci sono delle storie che nessuno vorrebbe mai raccontare e dei giorni in cui resta una malinconia incolmabile che non ti lascia. In una fredda mattina qualunque d'inverno, due fratelli, appena ragazzi, muoiono in un terribile incidente stradale lungo la strada regionale della Valtournenche, mentre scendono per andare a scuola e l'intera Valle d'Aosta ha trattenuto il fiato per questa notizia così grave, che dimostra nei fatti che cosa sia una comunità partecipe e commossa. Ho visto le foto dell'auto accartocciata nell'urto frontale con un camion e mi hanno suscitato un vivo sgomento, come se non avessimo mai piena coscienza - specie in certi tratti di strada, dove si fila veloci verso il fondovalle - dei rischi che incombono sempre e gli inviti alla prudenza scompaiono per tutti noi di fronte ad un eccesso sicurezza che ci rende in realtà deboli rispetto alle circostanze, spesso per un battibaleno che cancella la vita e mai - chi resta - potrà rassegnarsi a un infinitesimale e fatale momento.

Quando si hanno figli di quell'età, ci si immedesima ancor di non più nel terribile dolore di quella famiglia. Si pensa al baratro in cui ogni madre e ogni padre (oltretutto un finanziere del "Soccorso Alpino", che ne ha viste tante in montagna) può sprofondare di fronte a fatti come questi. Lo stesso Papa Francesco ha detto: «Per i genitori, sopravvivere ai propri figli è qualcosa di particolarmente straziante, che contraddice la natura elementare dei rapporti che danno senso alla famiglia stessa. La perdita di un figlio o di una figlia è come se fermasse il tempo: si apre una voragine che inghiotte il passato e anche il futuro. La morte, che si porta via il figlio piccolo o giovane, è uno schiaffo alle promesse, ai doni e sacrifici d'amore gioiosamente consegnati alla vita che abbiamo fatto nascere». E naturalmente, per chi ce l'ha, il Pontefice - che non nasconde l'impatto di certi drammi - indica la strada della Fede. Personalmente ho visto persone molto credenti vacillare di fronte alla morte di un figlio e penso con tutta sincerità di non avere riferimenti certi nel mettermi nei panni di chi si sente smarrito di fronte ad un vuoto indicibile e in questo caso la duplice scomparsa è qualcosa di così feroce da rendere in qualche modo smarriti. Mi viene in mente la nostalgica e poetica canzone scritta da Francesco Guccini, "Canzone per un'amica":

"Lunga e diritta correva la strada, l'auto veloce correva la dolce estate era già cominciata vicino lui sorrideva, vicino lui sorrideva... Forte la mano teneva il volante, forte il motore cantava, non lo sapevi che c'era la morte quel giorno che ti aspettava, quel giorno che ti aspettava... Non lo sapevi che c'era la morte, quando si è giovani è strano poter pensare che la nostra sorte venga e ci prenda per mano, venga e ci prenda per mano... Non lo sapevi, ma cosa hai sentito quando la strada è impazzita, quando la macchina è uscita di lato e sopra un'altra è finita, e sopra un'altra è finita... Non lo sapevi, ma cosa hai pensato quando lo schianto ti ha uccisa, quando anche il cielo di sopra è crollato, quando la vita è fuggita, quando la vita è fuggita... Dopo il silenzio soltanto è regnato tra le lamiere contorte: sull'autostrada cercavi la vita, ma ti ha incontrato la morte, ma ti ha incontrato la morte... Vorrei sapere a che cosa è servito vivere, amare, soffrire, spendere tutti i tuoi giorni passati se così presto hai dovuto partire, se presto hai dovuto partire... Voglio però ricordarti com'eri, pensare che ancora vivi, voglio pensare che ancora mi ascolti e che come allora sorridi e che come allora sorridi...". Così purtroppo per Marco e Matteo.