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05 gen 2017

Un 2017 pensando ai giovani

di Luciano Caveri

L'ultimo pensiero dell'anno non è improntato, forse come si dovrebbe fare e come più nelle mie corde, ad uno smaccato ottimismo. Questo avviene, anzitutto, per i molti elementi preoccupanti e depressivi di un 2016 che non lascia bei ricordi, ma lo è anche - pensando a quanto e dove ho vissuto in politica in questi ultimissimi anni - di fronte alla cruda constatazione di aver perso tempo in progetti rivelatisi, comunque la si giri, infruttuosi e deludenti e mi fermo qui. Ne ho abbastanza di polemiche personalistiche e di certe manovre bradisismiche in politica che sembrano - qualunque ne possa essere l'esito - battaglie di "Monopoli" o di "Risiko", che avvengono in un vuoto di attenzione dell'opinione pubblica che dovrebbe far riflettere tutti.

Allora mi avventuro sul terreno difficile di una speranza. Certo più si invecchia e più bisognerebbe vivere circondati da giovani per uno scambio vicendevole, che in politica assume aspetti positivi di tutta evidenza, quando - volendolo fare per volontà comune e non per chissà quale imposizione - si crea un ponte sincero nella comunicazione. Da una parte chi ha vissuto molte cose ha accumulato conoscenze e esperienze che sarebbe un peccato buttare via senza lasciare ad altri qualcosa di quanto imparato. Dall'altra solo i giovani possono farne tesoro non per una pedissequa e infruttuosa ricopiatura ma mettendoci quella voglia di nuovo e quelle intuizioni che fanno andare avanti il mondo grazie alla loro freschezza intellettuale. Ci penso spesso e devo dire nel tempo di avere cercato di praticare questo metodo, vivendolo da una parte e dall'altra della barricata. Da giovane facendo il pieno delle cose vissute da chi più vecchio di me fosse disponibile a cederle e poi, invertendo i ruoli, a cercare di trasmettere quanto avevo imparato, sapendo - e questo è il punto nodale - come un giovane possa darti, se sai ascoltarlo e non ti arrocchi sulle tue certezze, punti di vista nuovi e originali, utili per progredire nella soluzione di un problema. Insomma: un flusso reciproco che produce vantaggi per entrambi gli attori e fa avanzare idee e progetti. Credo che questo sia uno degli elementi di grave deficit in una piccola comunità come quella valdostana e il progressivo invecchiamento della società, per la stranota crisi demografica, non aiuta di certo. I giovani diventano minoranza con tutte le conseguenze del caso, compresa un'ambiguità che mi pare irrisolta su quale sia il confine d'età esatto fra l'essere giovani ed essere adulti. E con il rischio anche di un'attitudine protettiva delle famiglie con eterni ragazzi al limitare di enfants gâtés, cui corrisponde un mondo di anziani troppo chiusi in certi loro egoismi e intolleranti verso ogni novità che li turbi nel loro tran tran. Tema non nuovo quello dei rapporti fra generazioni diverse su cui si sono scritte tante cose, ma è bene continuare a farlo rispetto alla situazione attuale e non in astratto. E in concreto ritengo necessario - mi limito alla politica - a come coinvolgere i giovani che mostrano prevalentemente un rifiuto verso la partecipazione e l'impegno, guardando con sfiducia e talvolta con disprezzo verso i politici. Ma quel che è peggio è l'indifferenza verso i meccanismi della democrazia, spesso anche per la mancanza di conoscenza elementare di certi meccanismi non solo per mancanza di formazione scolastica ma anche a causa della crisi dei partiti politici diventati solo macchine per le elezioni senza quella alfabetizzazione politica che un tempo garantivano. Su tutto ciò bisogna riflettere cercando strade nuove frutto di ragionamenti seri, di autocritica e di dialogo, perché se non si contrasta la spoliticizzazione e l'allontanamento dalle istituzioni un giorno ci si troverà con cittadini chiusi nel loro privato e con un ulteriore scadimento di chi, a tutti i livelli, sceglie di fare politica e amministrazione.