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21 set 2016

Addio, Presidente Ciampi

di Luciano Caveri

Piango la morte di quello che posso considerare essere stato, specie quando era al Quirinale, un amico: Carlo Azeglio Ciampi. Con lui se ne va un'altra personalità eminente della Storia italiana, forse fra i pochi - lo voglio dire in premessa - con un reale spirito europeista, cui non è mai venuto meno. Anche per questo lo votai senza alcun dubbio, quando nel 1999 salì al Quirinale per la sua figura autorevole ed austera, che nascondeva però un gusto per la battuta ed un'innata capacità di mettere le persone a proprio agio. Era l'ottobre del 2005 quando l'allora Presidente della Repubblica venne in Valle d'Aosta. Fu per me, presidente della Regione, un grandissimo onore accoglierlo: sapevo del suo spessore culturale per le precedenti frequentazioni, quando - in particolare - nei suoi ruoli governativi aveva dimostrato sensibilità.

Con Ciampi ci fu, infatti, il passaggio delicato e vincente dell'ordinamento finanziario con il venir meno dell'Iva da importazione a causa della caduta in Europa delle barriere doganali. Quando guardo gli interventi in aula ed in Commissione, nei verbali dei resoconti, sono contento del lavoro che feci allora con un'attività continua alla Camera (i presidenti dell'Assemblea furono prima Oscar Luigi Scalfaro, poi salito al Quirinale, e Giorgio Napolitano). Ricordo solo due passaggi nodali del suo intervento ad Aosta: «L'autonomia e il bilinguismo sono elementi di forza, che devono spingervi all'apertura, a pensare in grande, in una realtà piccola, ma centrale, dell'Europa del futuro». E poi, pensando agli attacchi frontali alla nostra specialità che già allora emergevano e che oggi si sono fatti ancora più preoccupanti: «Il benessere di cui godete è il frutto di un lavoro di generazioni, di una fortunata situazione geografica, della lungimiranza istituzionale degli ordinamenti creati dalla generazione dei Costituenti della Repubblica». Era in sostanza la miglior risposta possibile rispetto a quello che dissi nell'indirizzo di benvenuto, nel quale spiegai quanto fossi preoccupato per gli «attacchi diretti alle Autonomie speciali, incomprensioni sul ruolo delle minoranza linguistiche, discorsi pseudo economicistici su tagli ideali cui rapportare le istituzioni politiche. Noi riteniamo che esista alla base dell'attuale regime di Autonomia un rapporto pattizio tra la Valle d'Aosta e lo Stato italiano». Ciampi seppe reagire a queste mie parole in quel ruolo di garanzia che il Capo dello Stato deve sapere incarnare e lui lo faceva con grande capacità. Ricordo - ma l'aneddoto esce dall'ufficialità dei rapporti - quando lo accompagnai alla mostra "Il ritratto interiore" curata da Vittorio Sgarbi. Sgarbi fu, nelle belle sale del "Museo archeologico regionale" di piazza Roncas, un cicerone perfetto con la sua immaginifica affabulazione. Piccolo particolare, Vittorio era accompagnato da una vistosa ragazza assai siliconata e con un vestitino che non lasciava nulla all'immaginazione. La signora Franca, estroversa moglie del Capo dello Stato, si divertì moltissimo quando osservai - sottovoce - che più che da un chirurgo plastico l'avvenente amica di Sgarbi doveva essere stata da un gommista... Si può sorridere, ricordando proprio un uomo sorridente ma di vecchio scuola, fatta di garbo e preparazione. Un Grand Commis di Stato che seppe servire anche in politica con lucidità e decisione quando sembrava che piano piano l'Italia uscisse dalle secche del passato. Chissà in questi ultimi anni di vita che cosa avrà potuto pensare il povero Ciampi dei suoi sforzi per guardare avanti - per quei giovani che sempre citava - di fronte ad una palude che sembrava essere sempre la stessa. Permettetemi di pubblicare quel discorso ad Aosta di undici anni fa: «è stata un'emozione tornare in elicottero sul "tetto d'Europa". Mi ha ricordato lo stupendo sorvolo del Bianco e delle altre cime alpine nel trasferimento da Courmayeur a Varese, in una magnifica mattinata dell'agosto di cinque anni fa. Tornai da Voi nell'ottobre sempre del 2000, per una emergenza che avete saputo superare con successo, grazie al vostro senso del dovere, alla vostra capacità organizzativa, al lavoro, all'amore per questo territorio meraviglioso. Siete i custodi di una montagna "incantata", dove natura e uomo convivono in un intreccio di comunità montane, che è interesse di tutti preservare, difendere, nel pieno rispetto dell'ambiente. La Valle d'Aosta è una regione fortunata: certo, come ovunque, non mancano i problemi, uno su tutti il traffico di mezzi pesanti; ma, credetemi, dovete essere felici delle vostre risorse naturali e umane. L'Autonomia speciale della quale godete da decenni, il bilinguismo che vi arricchisce, poggiano sul solido ceppo di una storia caratterizzata dal contributo delle vostre genti all'Unità d'Italia, al suo Risorgimento, alla costruzione di una amministrazione civile e militare - quella del Piemonte preunitario - alla quale l'Italia intera deve davvero molto. Alla tradizione risorgimentale si aggiunge la memoria del contributo alla lotta antifascista, alla Resistenza che ebbe in eroi come Emile Chanoux - barbaramente assassinato dai nazisti - un riferimento ideale valido ancora oggi: "I popoli delle Alpi - diceva Chanoux nel dicembre del 1943 - formano i punti di sutura fra i diversi popoli separati dalla grande catena alpina". Ne è tuttora viva testimonianza la Medaglia d'Oro al Valor militare concessa nel 1971 dal Presidente della Repubblica a tutta la Valle d'Aosta per la Guerra di Liberazione. Autonomia e bilinguismo sono elementi di forza, che devono spingervi all'apertura, a pensare in grande, in una realtà piccola, ma centrale, dell'Europa del futuro. Il benessere di cui godete è il frutto di un lavoro di generazioni, di una fortunata situazione geografica, della lungimiranza istituzionale degli ordinamenti creati dalla generazione dei Costituenti della Repubblica. Per conservare questo benessere è necessario impegnarsi con nuove idee; serve imprenditorialità, serve integrazione tra la sfida di un turismo di qualità e servizi per le imprese, per le persone; sono necessarie produzioni ad alta tecnologia. Vale, per questa realtà, la stessa analisi che ho tracciato più volte a livello nazionale: per intraprendere bisogna avere il coraggio di andare d'accordo, di superare le divisioni, di guardare agli interessi superiori della comunità. I politici e gli amministratori, soprattutto, devono dimostrare di saper pensare al bene comune. Abbiamo bisogno di unità. Di unità sociale, di unità nell'esercizio dei diritti e dei doveri, di unità di ordinamento, di unità delle Istituzioni della Repubblica, di unità della Nazione. Senza unità la nostra società non riesce a ricuperare la fiducia. Non si deve smarrire il filo rosso della solidarietà che ha percorso la storia d'Italia negli ultimi due secoli, e che affonda le radici in epoche ben più lontane. L'unità nazionale dell'Italia è stata la più importante conquista della nostra storia. E' stato uno degli eventi centrali per l'Europa del secolo XIX. E' una linfa vitale che scorre nel Tricolore, la nostra bandiera - non a caso inserita dai Costituenti tra i principi fondamentali - e che sentiamo in ciascuno di noi. Abbiamo visto in questi anni i frutti positivi di un maggiore decentramento, di una maggiore prossimità delle istituzioni ai cittadini. I sistemi economici locali sono fioriti dove nessuno lo immaginava. Essi hanno garantito un robusto sviluppo al nostro Paese, diffuso sul territorio; hanno portato inventiva, qualità, creatività, organizzazione. Oggi quel modello deve rinnovarsi per far fronte a una competizione sempre più intensa, che necessita di aggregazioni più grandi, di soggetti con dimensioni sufficienti ad operare nel mondo, sfruttando i benefici dei diversi mercati. Ce la possiamo fare. L'ho detto anche ieri a Verbania: non siamo condannati a registrare statistiche negative. Anche dai più recenti dati dell'Istat sulla produzione qualcosa sembra muoversi nella giusta direzione. Ci sono segnali di risveglio, di voglia di riscatto, di idee imprenditoriali nuove. Con questo spirito stiamo organizzando la visita di Stato in Turchia, con una folta delegazione di imprenditori italiani: è lo spirito che ha reso positive le recenti visite in Cina e in India. Anche in questo anno difficile, tante aziende hanno rinnovato prodotti e strategie commerciali. Le nostre esportazioni, che presentano tuttora serie difficoltà in alcuni settori, hanno fatto registrare negli ultimi mesi segnali di ripresa. Il problema maggiore resta la domanda interna stagnante, sia i consumi, sia gli investimenti. Le imprese e le famiglie, per l'incertezza del futuro, sono trattenute dall'investire e dallo spendere. Alle une e alle altre - imprese e famiglie - dobbiamo pensare, cercando di infondere fiducia, di spingere a investire, di tornare ad acquistare prodotti, stando attenti ai prezzi e alla qualità - come giustamente chiedono le organizzazioni dei consumatori - ma anche con la consapevolezza che, quando compriamo un prodotto italiano, diamo impulso all'attività delle nostre imprese. Voi, Italiani della Val d'Aosta, avete la fortuna di vivere in questo immenso parco naturale al centro delle Alpi, e dunque al centro dell'Europa. Nel progettare il futuro, è giusto rivolgere un pensiero a un punto di forza di questa comunità regionale: i piccoli Comuni. E' interesse della Nazione che i Comuni, anche i più piccoli, rimangano vivi; sono comunità dotate di un patrimonio di conoscenze e di tradizioni, tutela e presidio di impianti urbani antichissimi e quindi di valore inestimabile. Tornerà presto il desiderio di spostarsi in questi centri. Lo Stato deve fare la sua parte, favorendone la conservazione e la sostenibilità. Voi, cari Sindaci, dovete fare in modo di mettere in comune, quanto è più possibile, servizi e spese. Ho piena fiducia che Aosta e tutto il suo territorio, e mi riferisco di nuovo ai sindaci dei tanti Comuni qui presenti, sapranno operare per il progresso della Valle e del nostro Paese. Vi ringrazio per la vostra calorosa accoglienza e Vi auguro di cuore buon lavoro».