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17 lug 2016

Nona cartolina: mi piacciono tanto i delfini

di Luciano Caveri

Confesso le mie colpe: trovo bellissimi ed emozionanti i delfini, quei "pesci non pesci" che ti guardano negli occhi e paiono sorriderti con quel loro strano linguaggio musicale. Il mio interesse non è certo isolato, vista la presenza di questo singolare animale presente già nella mitologia classica e nei suoi simboli. La prima volta ne avvicinai uno in libertà, scavalcando una barriera corallina alla Maldive, in acque profonde e poi li ho diviso tante volte durante escursioni in barca, ma certo l'incontro con quelli in cattività permette una vicinanza che colpisce. Non basta il fatto - a spiegare questa affezione - che si tratti di mammiferi e che siano intelligenti ed ammaestrabili.

Ci sono altri mammiferi che forse sono persino più intelligenti e mansueti, ma noi non abbiamo per loro il medesimo trasporto che per i delfini, che per altro - per non essere ipocriti - veniva anche usato come cibo: ricordo da bambino il "musciamme" di delfino, filetto essiccato. Già nell'etimologia di "delfino" c'è l'antica curiosità verso questo animale Il greco "delphís" deriva da "delphýs - utero" e fa coppia con "phál(l)aina - balena", che deriva da "phallós - fallo"; i due mammiferi marini erano visti come animali prodigiosi, che incarnavano rispettivamente la femminilità pronta a offrirsi e proteggere opposta alla virilità pronta ad aggredire e distruggere. Per cui quando mi capita - come in queste ore - di poter andare in un delfinario, in barba ai sermoni pure in parte giusti degli animalisti, ci vado. Visti in spettacoli come "Gardaland" o in acquari come Genova, in Messico avevo avuto l'emozione di stare in acqua con i delfini e li avevo avvicinati anche a Valencia con tanto di spiegazioni scientifiche, ma a Santo Domingo ho avuto incontri molto ravvicinati in una vasca apposita a qualche chilometro dalla costa. Capisco che dovrebbero vivere nel loro ambiente naturale e non essere attrazione per il nostro piacere, ma accarezzarli e farsi trasportare con le mani salde sulle pinne risveglia il lato infantile e pure misterioso nel rapporto uomo-animale che c'è in noi.