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15 lug 2016

Sesta cartolina: albe e tramonti

di Luciano Caveri

Osservare la Natura serve sempre e credo che non si debba mai cedere al rischio di non guardarsi attorno, anzi bisogna ogni tanto rinnovare il nostro sguardo, pensando al privilegio che abbiamo di imprimere nella nostra memoria delle immagini che poi potremo richiamare quando mai ne avremo bisogno. Mi è capitato di farlo in momenti difficili o dolorosi a titolo di consolazione o di distrazione. Una volta per me la levataccia non era un'eccezione, ma una routine: partire per Roma o per Bruxelles per prendere il primo aereo prevedeva, infatti, risvegli antelucani. Nessuno choc - intendiamoci - visto che mi sveglio presto come abitudine, della serie "il mattino ha l'oro in bocca". Tuttavia l'altro giorno che sono uscito prima dell'alba e non ero di corsa ho avvertito come un brivido, perché mi sono venuti in mente momenti belli di certe notti infinite, quando vedi nel cielo - perché a dormire non ci sei proprio andato - quella luminosità crepuscolare che sale d'intensità come se ci fosse un reostato nel cielo limpido.

L'alba vista così - che puoi aver dormito in spiaggia o decidi di fare il romanticone dopo una notte senza sonno in un rifugio alpino - è ben più trasgressiva dei tramonti, a meno che - come in questi giorni - non sia null'altro che la coda del "jet lag". Perché il tramonto non è un peccato: assume semmai un contorno più usuale, pure familiare. Certo, per chi abiti in montagna il tramonto non ha la maestosità lenta che può assumere in pianura con certi colori accesi e lo stesso vale sull'orizzonte marino, quando il sole sembra spegnersi lentamente come immerso nell'acqua. Ma se sei in alto e hai montagne come sfondo, allora non puoi che goderti certi attimi: penso a certi scorci di cieli rosati o rossastri con il Monte Rosa (attenzione: non c'entra il colore, ma il ghiacciaio!) o il Monte Bianco come scenario.