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30 mag 2016

Una chiesa e i suoi misteri

di Luciano Caveri

E' sempre strana la vita perché in fondo finiamo per passare una parte del nostro tempo a interrogare in diversi modi il passato per capire il presente e - esercizio ancora più difficile - prevedere il futuro. Ciò avviene in un flusso culturale continuo, di cui ciascuno di noi non è nient'altro che una piccola linea di un lunghissimo percorso che attraversa le epoche e le generazioni, pur agendo sullo stesso spazio fisico, la Terra e le sue parti che ci interessano. Trovarsi "a tu per tu" con lo scheletro di qualcuno sepolto in un passato remoto non è che mi impressioni, perché i fantasmi non esistono. Se posso dirlo, con grande rispetto, semmai l'incontro con questo predecessore in quella parte di corpo rimasto mi incuriosisce e immagino quanto sia interessante - per tutte le discipline che riguardano questa persona e quanto la circonda - cercare, componendo questo puzzle, di fornire delle risposte ragionevoli che ci servano per capire e per dialogare attraverso i secoli con questo sconosciuto. Ci pensavo guardando uno degli scheletri delle diverse sepolture (alcune visitabili, altre no) che risultano nel museo sottostante la chiesa di Saint-Vincent.

Il primo documento che menziona la chiesa principale del paese è una bolla di Eugenio III del 26 febbraio 1153, in cui il papa prende sotto la sua protezione l'abbazia benedettina di Ainay, nei pressi di Lione, confermandone i beni, compreso questo. Da una fonte del 1303 si sa poi che la nomina del parroco spettava allora al priore di Nus, a sua volta dipendente da Ainay. L'esistenza di una chiesa a Saint-Vincent è tuttavia - questo è il punto - documentata da fonti archeologiche che riportano a tempi molto più antichi. Gli studiosi ipotizzano che la località possa avere avuto un ruolo importante nell'organizzazione ecclesiastica della regione sin dal primo millennio e proprio nelle prime fasi dell'evangelizzazione della Valle con tutti i legami con le Chiese viciniore che mostrano una rete dai caratteri europei che faceva della Valle un centro significativo e non una montagna marginale. Ma ulteriore realtà nella zona del sito archeologico si riscontra una continuità di occupazione rispettosa, tappa dopo tappa, di quanto preesistente. Si parte, in questa sorta di "viaggio nel tempo", dalle tracce delle prime frequentazioni umane risalenti alla fine dell'età del Bronzo - età del Ferro all'epoca romana (II - IV secoli d.C.), quando - lungo la strada romana -vengono costruite sofisticate strutture con funzioni termale. Siamo nel basso impero e si tratta assai probabilmente di una mansio destinata al ristoro dei viaggiatori, tipo un "autogrill - albergo" dei tempi moderni. La parte termale di cura del corpo, di buon cibo e di relax meditativo a vantaggio dei viaggiatori impegnati in lunghi e faticosi percorsi fa impressione. Pensando oltretutto che dalla fine del Settecento in poi il termalismo sarà per almeno tre secoli la risorsa principale per Saint-Vincent! Dopo l'inizio del V secolo d.C. l'area fu - ecco il perché degli scheletri - occupata da sepolture orientate in senso est-ovest, tipiche della prima cristianità. La loro presenza sembra aver determinato la nascita di un primo edificio a carattere funerario, seguito da ulteriori fasi di sepolture nei secoli VII e VIII, che precedono l'impianto della chiesa romanica. Tutto nasce per caso, a seguito di campagna di restauri, nata per riparare i danni pro­vocati dallo scoppio di un ordigno esplosivo il 10 gennaio del 1968, messo contro una vetrata della chiesa da due balordi. Ma l'aspetto stupefacente è che questo gesto innescò a catena quelle scoperte sotterranee inattese di cui oggi abbiamo solo una parziale consapevolezza: ci sono sul passato della Valle d'Aosta ancora tanti misteri da risolvere.