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26 mar 2016

Il cambiamento e le parole di Piero Gobetti

di Luciano Caveri

Sia chiaro che in politica, come del resto in qualunque altra attività nel corso della nostra vita, non si finisce mai di imparare e anche le convinzioni più rocciose vanno sempre messe in discussione, perché si procede, nell'affrontare i problemi incombenti, su delle strade spesso mai battute. Ma non c'e nulla di più interessante che guardarsi attorno e capire come si muovano i cittadini, senza i quali i politici non ci sono, visto che alla fine l'arma del voto ce l'hanno loro e la politica è un'azione che non può essere solitaria ma è un sentimento corale, pur con i suoi ténors, come li chiamano i francesi per indicare gli uomini che di volta in volta assumono posizioni di responsabilità. Mi veniva da sorridere a pensare quante volte nella vita, da persone molto diverse fra loro, mi sono sentito dire - quando la politica era il mio lavoro pro tempore - cose del genere: «Io non mi interesso di politica».

Frase accompagnata spesso da una smorfia di disgusto e talvolta senza rendersi conto del paradosso di dirlo ad uno che c'era dentro ed è come dargli garbatamente della persona inutile. C'è stato un lungo periodo in cui mi sentivo in dovere - con un intento pedagogico - di dire in risposta quanto fosse una cosa ingiusta ragionare così, ma da un certo periodo in poi ho deciso di diventare zen e di evitare commenti sul punto. Anche se naturalmente qualche argomento per confutare una tesi così "tranchante" ce l'avevo. Tanti anni fa il sociologo americano Christopher Lasch scriveva: «La "fuga dalla politica", come viene definita dall'élite dirigenziale e politica, può essere un segno che rivela la crescente riluttanza delle persone a partecipare al sistema politico nelle vesti di consumatori di spettacoli prefabbricati. Può non denotare affatto, in altre parole, un ritiro dalla politica, ma annunciare le fasi iniziali di una rivolta politica generale». Era il 1979 e da allora, almeno in Italia e direi in tutta Europa, sono sempre di più quelli che hanno staccato la spina dalla politica e non mi riferisco solo al voto, ma più in generale all'impegno e all'attivismo. Di certo non si è manifestata l'annunciata "rivolta politica". Spesso semmai la protesta è sfociata in fenomeni sterili di anti-politica che - in certi estremismi - fanno terra bruciata attorno alla democrazia o si è manifestata in forme patologiche di populismo, che diventano un inseguimento continuo a chi la spara più grossa. Ecco perché mi fa sempre piacere vedere persone che invece restano curiose in politica. Lo avevo constatato, ancora di recente, in certe riunioni preparatorie al Congresso dell'Union Valdôtaine Progressiste e poi ne ho avuto conferma nel Congresso che si è svolto sabato. Esiste ancora qualcuno che non demorde e crede nella militanza, ognuno con le sue motivazioni e i suoi riferimenti. Quelli che sono rimasti - nella crisi profonda di partecipazione attraverso i partiti - dimostrano soprattutto un interesse, riprendendo la citazione, contro in rischi di "spettacoli prefabbricati". Questa e in sostanza la sfida della politica del futuro: come coniugare la rapidità delle decisioni da assumere, evitando che tutto si impantani, con processi di coinvolgimento democratico, di ascolto e di discussione contro l'idea che una politica d'élite autoreferenziale giochi in proprio e proponga soluzioni già masticate. Non è facile immaginare soluzioni soprattutto per fare del militante una persona formata e consapevole, che poi per altro è una scelta assennata, perché non esiste futuro per comunità distratte e al traino degli avvenimenti e poco attenta alle soluzioni da trovare per problemi complessi. In quest'epoca di passaggio in cui siamo sospesi tra quanto conoscevamo e si sta pian piano sgretolando sotto i nostri piedi e quanto dovrebbe arrivare, frutto nel limite del possibile della nostra volontà, vale quell'espressione di Piero Gobetti, fautore della rivoluzione liberale, morto poco più che ventenne nel 1926 in esilio in Francia perché perseguitato dal fascismo, che suonava così: «Nessun cambiamento può avvenire se non parte dal basso, mai concesso né elargito, se non nasce nelle coscienze come autonoma e creatrice volontà di rinnovarsi e di rinnovare». Esemplare e stimolante.