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05 gen 2016

Cittadinanza e terrorismo islamista

di Luciano Caveri

In Francia, patria di molti elementi a fondamento del pensiero politico moderno, si discute di questi tempi di una riforma costituzionale, che sembra lacerare la Sinistra in un vivace scambio polemico, che riguarda i valori profondi della democrazia e il rischio che certi strumenti giuridici facciano prevalere lo Stato di Polizia su quello di Diritto. O meglio: se le emergenze, come il terrorismo, giustificano misure straordinarie di compressione delle libertà, la scelta degli strumenti - dicono gli oppositori - non deve mai poter essere un pretesto per far vacillare alcuni capisaldi costituzionali. Tema interessante, che l'Italia affrontò ai tempi del terrorismo e proprio la Francia reagì con freddezza alle scelte italiane, dando ospitalità a terroristi rossi e neri nel nome di una "dottrina Mitterand", dal nome del Presidente francese che la fece adottare nel 1982.

"La Francia prenderà in considerazione la possibilità di estradare cittadini di un Paese democratico autori di crimini inaccettabili", ma si riserva di non farlo nel caso di Paesi "il cui sistema giudiziario non corrisponda all'idea che Parigi ha delle libertà". Oggi quelle posizioni dovrebbero far riflettere sul fatto che bisogna evitare che eccessi di discussione (magari alcuni di lana caprina) favoriscano chi ragiona solo con morte e violenza e trova riparo in diritti civili nati per altre esigenze. Ma torniamo al tema, che deriva dalla scelta del Governo Valls, su evidente ispirazione del Presidente François Hollande, di reagire ai rischi del terrorismo (che sono tra l'altro ossigeno per il Front National) con una nuova misura nella Costituzione francese, rivolta ai cittadini con doppia nazionalità nati in Francia, che sono più di tre milioni. Si tratta della "déchéance de nationalité", vale a dire - tradotto in italiano - della decadenza, della perdita di cittadinanza. Si tratta di una misura che si rivolge in particolare a quelle persone, che - francesi di origine araba, che hanno mantenuto anche la cittadinanza del Paese di provenienza, come possibile per legge - aderiscono al terrorismo islamista. Lo si è visto con gli attentati in Francia come ci siano vere e proprie serpi in seno (specie i foreign fighter che vanno ad addestrarsi presso i gruppi islamisti e tornano a casa per agire), pronte senza scrupoli ad uccidere i propri concittadini, considerati nemici da sterminare in nome di una visione distorta e feroce della propria religione. La loro pericolosità è accentuata proprio dal fatto di conoscere dal di dentro la realtà in cui si muovono e per i gruppi terroristici è un vantaggio enorme. Non a caso esistono organizzazioni assai ramificate e ben strutturate che fanno proselitismo, anche avvantaggiandosi di storture maturate nel tempo, come si potrebbe ben spiegare nella nascita e nello svilupparsi dei ghetti delle banlieu francesi. Anche se questa non è una giustificazione sociologica o psicologica per chi diventa un assassino nel nome di Allah, perché certe analisi "giustificazioniste" mi fanno venire il latte ai gomiti. "Le Parisien" ha pubblicato una scheda che traccia la storia, che inizia da lontano: "La dénaturalisation apparaît en 1848, pour sanctionner les Français continuant à pratiquer la traite après l'abolition de l'esclavage. Pendant la Première Guerre mondiale, une législation spéciale permet de déchoir de leur nationalité des Français originaires de puissances ennemies. Plus de 500 personnes sont touchées. Pendant la Seconde Guerre mondiale, sous le régime de Vichy, la déchéance est massive, avec 15.000 cas. «Le seul moment où on a dénaturalisé des Français de naissance, comme De Gaulle», relève Serge Slama, maître de conférence en droit public à l'université Paris Ouest-Nanterre La Défense. Ces dispositions sont annulées après guerre et une ordonnance de 1945 fixe les grandes lignes de la déchéance de nationalité, qui ont peu bougé depuis". Questa la successiva evoluzione: "L'article 25 du Code civil prévoit qu'un individu «qui a acquis la qualité de Français» depuis 15 ans ou moins peut être déchu de la nationalité «s'il est condamné» pour un crime ou délit précis, tel que «l'atteinte aux intérêts fondamentaux de la Nation», le «terrorisme» ou encore le fait de se livrer au profit d'un Etat étranger «à des actes préjudiciables aux intérêts de la France». Cette déchéance est prononcée «par décret, après avis conforme du Conseil d'Etat». La disposition est peu usitée. Selon le ministère de l'Intérieur, 26 déchéances de nationalité ont été prononcées depuis 1973, dont 13 pour terrorisme". Ecco quanto ora previsto: "Le projet passe par une révision de l'article 34 de la Constitution. Celle-ci vise à rendre possible une déchéance de nationalité «pour les binationaux nés Français», et plus seulement pour ceux qui ont acquis la nationalité. Les Français n'ayant pas d'autre nationalité ne seront pas concernés, pour éviter de créer des apatrides, selon une disposition de la loi Guigou de 1998. La déchéance vise à sanctionner les auteurs des «crimes contre la vie de la Nation», a affirmé cette semaine le Premier ministre Manuel Valls". Mi fermo qui: a me pare che la modifica, che prevederà una legge successiva su cui dovrebbe concentrarsi l'attenzione per i dettagli, prende atto di una situazione grave e la mozione ai grandi principi e agli effetti si infrange contro rischi purtroppo incombenti e temo lo si vedrà di nuovo in un'Europa che resta nel mirino.