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22 ott 2015

Il riparto fiscale e la negoziazione politica

di Luciano Caveri

Sono molto contento che oggi siano in tanti ad occuparsi del riparto fiscale e del complesso delle norme che regolano i rapporti finanziari fra Stato e Valle d'Aosta. Capisco che questo avviene perché siamo in "braghe di tela" ed i tagli finanziari sono e saranno talmente elevati che francamente non so bene come se ne potrà uscire e questo colpisce al cuore il funzionamento dell'ordinamento valdostano. Sono anni che ammonisco - anche da questa mia pagina quotidiana e gli scritti restano, per fortuna - senza troppo ascolto sui danni prevedibili derivanti da certi meccanismi perniciosi, che denunciai subito e dunque ho la coscienza a posto. Mi riferisco all'uso strumentale e velenoso di applicazioni del noto "Patto di stabilità" (Bruxelles usa oggi la dizione più elegante di "Governance economica"), che non sono solo colpa dell'Europa, perché da Roma si è usato questo obbligo comunitario come leva e pretesto per scardinare la finanza regionale e locale.

Vi è poi il meccanismo della riserva erariale dello Stato con tasse che restano o defluiscono al centro, al posto che essere versate nelle casse regionali e comunali. E c'è infine la strumentalità di certe regole di "spending review", che vengono dal centro concepite con severità verso Regioni e Comuni, ma nei gangli dello Stato restano "lettera morta" o servono per colpire i servizi nazionali sul territorio e non nella sempre più accentratrice Roma. La riforma costituzionale ne è un esempio preclaro: Palazzo Chigi, macchina scalcagnata che ben conosco avendo avuto pure una breve esperienza di Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, diventa ora il dominus assoluto in una forma di presidenzialismo all'italiana, frutto di una Costituzione rifatta con un'astuta e sorniona logica da "collage". Ma guardando all'esito che ne consegue si avverte la fine inesorabile della democrazia parlamentare, che era anche una tutela rispetto alla ormai finita rigidità degli Statuti d'Autonomia, visto che le maggioranze parlamentari (con il Senato oltretutto morto) consentiranno blitz con le procedure costituzionali senza troppe fatiche e le Speciali sono sulla linea di tiro. Ma torniamo alla questione finanziaria, che è sempre stata problematica sin dagli esordi dell'Autonomia valdostana e molte trattative, nei rapporti con Roma, sono ruotate attorno alla certezza dei trasferimenti o all'assunzione di nuovi poteri e competenze per evitare proprio di colpire la stabilità dei meccanismi di trasferimento. I soldi non faranno la felicità, ma rendono più facile governare. Lo sapevano bene i governanti valdostani del dopoguerra, con la famosa politica del rubinetto ed i fondi che aumentavano e diminuivano a seconda della capricciosità dei Governi nazionali. Dall'inizio degli anni Ottanta la questione si è resa più solida e forse l'impressione del cittadino (e di molti politici distratti) è che i soldi del riparto fossero una specie di "bancomat" cui attingere senza problemi. Io ho seguito il riparto e le sue beghe per più di venticinque anni, in diversi ruoli, e posso dire che dietro questa facciata ci sono state sempre - da deputato mi è spuntato qualche capello bianco... - negoziazioni difficili e complesse. Mi fa ridere oggi chi dice che se ne occupavano i partiti locali parlando con le centrali romane o facendo credere che bastasse qualche "telefonatina". In realtà, almeno dall'1987 al 2001 e poi in Regione con altre responsabilità, mi sono trovato con continuità a dover intervenire, spesso notti dopo notti nel seguire passo dopo passo le Finanziarie per evitare guai, almeno fino a quando con la nascita della "Commissione Paritetica" stabile (su mia proposta con riforma costituzionale del 1993) c'è stata una maggior copertura con norme d'attuazione di blindatura rispetto alle precedenti ed ondivaghe logiche d'intesa. Non lo dico per vanagloria, ma per precisione storica, perché dietro alle norme ed alle carte (penso ai "fondi di compensazione" dopo la caduta delle barriere doganali che alimentavano l'IVA da importazione dei "Tir" all'autoporto di Pollein) ci sono le persone e la fiducia e la considerazione di cui godono o no e questo, per fortuna, andava al di là di un voto di fiducia strategico, che pure in certi frangenti c'è stato. Oggi la mia impressione è che la capacità di incidere in Parlamento (malgrado il voto valdostano al Senato conti pesantemente) e di interloquire da parte dei vertici regionali sia ridotta al lumicino e me ne dolgo. Questo è il frutto di una scelta politica: quando non si vuole più lavorare in équipe e si sceglie la solitudine delle proprie azioni e delle proprie convinzioni - con attorno troppi "yes man" o imbranati - si finisce male, come stiamo finendo. Il conto lo pagheranno i valdostani.