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30 mag 2015

Attenzione agli equivoci

di Luciano Caveri

Una lettera a "La Stampa", che ricordava giorni fa un mio intervento, quando ero giovane deputato, in favore dei Cavalieri di Vittorio Veneto - cioè i combattenti della Prima Guerra mondiale - mi ha fatto ripiombare nel clima assai divertente di quegli anni di esordio in politica. Il caso vuole che lo stesso giorno, ascoltando la radio in macchina, la trasmissione che seguivo proponesse come tema gli equivoci divertenti che si possono creare nella vita. Ne ho uno davvero imbattibile. Alla fine degli anni Ottanta, prima che apparissero le norme cogenti della "par condicio" condizionate dalla presenza in politica fra i competitor di Silvio Berlusconi, la televisione era uno strumento assai interessante, anche qui in Valle, per la competizione elettorale. C'era, anzitutto, la straordinaria possibilità di trasmettere i comizi, specie quelli finali, in diretta televisiva. Si risolveva così il problema "Se la montagna non viene a Maometto, Maometto va alla montagna", nel senso che se le persone non andavano a vedere i comizi - ed all'epoca non c'era comunque problema di riempire le sale... - la politica poteva entrare nei salotti di casa. Idem per gli spot elettorali, che non avendo limiti di ripartizioni di spazio, consentivano - specie a chi, come me, era del mestiere - di trovare formule interessanti per la propaganda elettorale.

Così si svolsero i fatti. Chiesi ad un collega operatore "Rai", Luciano Joris, ovviamente con una sua telecamera, di realizzare qualche spot assieme al mio compagno di cordata, César Dujany. L'idea era quella di realizzare brevi messaggi tematici, in un duetto in un clima rilassato, su diversi problemi riguardanti la campagna elettorale. La location prescelta fu un meleto di Gressan in una bella giornata di sole con lo sfondo delle montagne. Il canovaccio era quello del giovane speranzoso e del vecchio saggio. Ci divertimmo molto a girare i filmati, che andavano poi completati in postproduzione con il simbolo della lista e gli slogan necessari. Finito il lavoro dovevamo vedere come fosse venuto e si pose il problema di trovare un videoregistratore del formato necessario per rivedere il girato. A Luciano venne in mente che un suo parente, ad Aosta, aveva il riproduttore video necessario. Si riferiva alla famiglia Camandona di Aosta, nota impresa di pompe funebri, per altro ben nota alla mia famiglia. Oltre ad occuparsi della sepoltura di tutti i parenti, da quando mi ricordo dei funerali, mio papà mi raccontava del "vecchio Camandona", che lo spedì via dal cimitero di Aosta, quando mio papà, dopo la morte di Emile Chanoux il 18 maggio del 1944, cercò di andare alla morgue del cimitero per vederne il corpo. Ricordo poi che mi era stato raccontato che gli avi degli attuali gestori dell'impresa erano passati dalle carrozze con i cavalli per il trasporto passeggeri a quelle per il trasporto dei defunti, seguendo poi l'evoluzione delle tecniche applicate a questo ramo d'attività. Personalmente poi posso dire che Peppino, cui ora sta succedendo il figlio Marco, noto alpinista ed atleta della montagna, è uomo simpaticissimo e bon vivant, come molti altri del settore sepolture e affini che mi è capitato di conoscere negli anni, come se una certa allegria e voglia di cameratismo finisse per essere un antidoto rispetto all'evidente tristezza di passare di morto in morto e da un'esequie ad un'altra. Ci recammo quindi quel giorno da Camandona in corso Battaglione Aosta. Dopo aver suonato alla porta, apparve la signora Camandona, stupita di vederci. Ci accolse in salotto, senza chiedere al momento sul perché della nostra visita, e ci venne offerto con cortesia il caffè, parlando del più e del meno. Infine, a conclusione dei molti convenevoli, Luciano venne alle ragioni della visita: «Siamo per vedere una cassettina». Lì fu l'apoteosi dell'equivoco, perché la signora si alzò e prese una chiave appesa al muro, con evidente automatismo e disse: «Andiamo a vedere in magazzino». Per lei "la cassettina" non era altro che la… cassa da morto. In preda ad un'evidente ilarità, spiegammo la questione, che si chiuse con la visione nel televisore di casa delle registrazioni fatte in mezzo agli alberi. La commedia degli equivoci degna di un moderno Edgar Allan Poe.