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25 mag 2015

Lo schianto nella notte

di Luciano Caveri

Ci sono fatti di cronaca che si riversano, come se fosse del vomito, sulla nostra esistenza. Fanno ribrezzo, più sono terribili e violenti, ma fanno anche pensare. Fateci caso, guardandoli per un giorno con occhio diverso. Ragioniamo su come sia possibile che ci siano avvenimenti così tragici, che colpiscono la nostra umanità. Possono essere drammi e sventure di massa o di singoli e di mezzo c'è, ahimè, una casistica infinita. Si finisce in parte per farci il callo e meno sono vicini e meno sono invasivi e più è facile dimenticare, perché l'oblio evita il troppo lambiccarsi. Ma, anche se distanti, suonano sempre come inquietanti ammonimenti sulla fragilità della condizione umana. Il Destino, da questo punto di vista, è una macchina sempre accesa, il cui ticchettio non è percepibile. Dopo una tragedia, tutti noi commentiamo, specie se la dinamica dei fatti è causata da incredibili combinazioni, che da qualche parte ci dev'essere scritto che cosa ci aspetta oggi o domani o chissà quando. Se così fosse, è un bene che risulti impossibile dare una sbirciatina...

Statale 26 della Valle d'Aosta, Sarre, le tre di notte fra un sabato e una domenica. Una monovolume con a bordo una famigliola: un uomo, una donna ed un neonato. Destinazione Calabria per una vacanza e questo spiega la levataccia. Poco prima, un giovane di Introd ha imboccato la stessa strada in moto per tornare a casa, in una notte di maggio che sa già d'estate. Il cielo è stellato e non c'è più nessuno in giro. L'auto - così ho letto - si immette sulla strada, la moto fila veloce sull'asfalto. Due vite si incrociano per uno scontro che ogni secondo, in più o in meno, avrebbe evitato, ma non è così questa volta. Ivan, 23 anni, il motociclista, muore sul colpo, mentre la sua moto si incastra nella vettura e l'urto - in un rumore di lamiere, che riempie in un batter di ciglia il silenzio usuale a quell'ora - raggiunge purtroppo il bambino, Pietro, 20 mesi. Poi l'orrore, le urla, il dolore, un'ambulanza a sirene spiegate che corre inutilmente nel buio verso l'ospedale. Due genitori straziati in una notte che sarebbe stata l'inizio di un lungo viaggio e un'altra famiglia che aspetta a casa un ragazzo che non tornerà. E non consolerà appurare ex post l'esatto succedersi dell'evento e le responsabilità. La vita ci propina storie così, che ci lasciano sgomenti, anche quando ne siamo solo spettatori partecipi, ma non - per nostra fortuna - protagonisti. C'è solo da constatare come ogni giorno dolore e consolazione entrino nelle nostre vite con meccanismi conseguenti al Caso, che colpisce crudele. Non mi si dica - per rispetto verso la fede - di disegni superiori in cui la sofferenza serve per noi che restiamo, come ho sentito dire in certe omelie, in occasioni in cui - come appunto la morte di un bimbo - non era certo facile neppure per il prete offrire elementi di pietà e di misericordia. Meglio dire - su quel terreno così difficile e profondo - che esiste un mistero e ben diverso è credere speranzosi in qualcosa dopo di noi, che finisca per dare un senso alla fine nostra e soprattutto altrui. Alla fine, l'unica lezione - tutta terrena - è che bisogna godere di più dei momenti belli e cercarli con convinzione, sapendo che dietro la gioia c'è sempre in agguato il dolore.

Un classico è Kalihl Gibran - "Sulla gioia e sul dolore" (da "Il Profeta"):

"Allora una donna disse: Parlaci della Gioia e del Dolore. E lui rispose: La vostra gioia è il vostro dolore senza maschera, E il posso da cui scaturisce il vostro riso, è stato sovente colmo di lacrime. E come può essere altrimenti? Quando più a fondo vi scava il dolore, tanta più gioia potrete contenere. La coppa che contiene il vostro vino non è forse la stessa bruciata nel forno dal vasaio? E il liuto che rasserena il vostro spirito non è forse lo stesso legno scavato dal coltello? Quando siete felici, guardate nel fondo del vostro cuore e scoprirete che è proprio ciò che vi ha dato tanto dolore a darvi ora gioia. E quando siete tristi, guardate ancora nel vostro cuore e saprete di piangere per ciò che ieri è stato il vostro godimento. Alcuni di voi dicono: «La gioia è più grande del dolore», e altri dicono: «No, è più grande il dolore». Ma io vi dico che sono inseparabili. Giungono insieme, e se l'una siete con voi alla vostra mensa, ricordate che l'altro è addormentato nel vostro letto. In verità voi siete bilance che oscillano tra il dolore e la gioia. Soltanto quando siete vuoti, siete equilibrati e saldi. Come quando il tesoriere vi solleva per pesare oro e argento, così la vostra gioia e il vostro dolore dovranno sollevarsi oppure ricadere.