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25 mag 2015

Una riflessione non è invasione di campo

di Luciano Caveri

La storia è nota: qualche giorno prima delle elezioni comunali, il Presidente della Regione, Augusto Rollandin, aveva detto di no all'arrivo in Valle di 79 migranti sbarcati sulle coste italiane in aggiunta ai 62 già ospitati in Regione. La posizione, assai ferma all'inizio, era basata anche su un richiamo a responsabilità altrui: «la nostra non è assolutamente una posizione ideologica, ma è legata al fatto che ho sentito tutti e 74 i sindaci della nostra Regione e a oggi non c'erano disponibilità da nessuno di loro». Il presidente, due giorni fa, ha corretto il tiro e lo aveva già fatto in presenza di Matteo Renzi, che certo non poteva accettare il "niet" valdostano, che ha sortito critiche ferocissime da diversi ambienti. Ha detto Rollandin: «L'Amministrazione regionale sta lavorando per trovare delle disponibilità che possano permettere in futuro di accogliere nuovi migranti, se ci sono dei posti che ci vengono segnalati andiamo a seguire la prassi che abbiamo finora adottato».

Nell'occasione, a fronte di alcune osservazioni, su cui torneremo tra poco, del Consiglio pastorale diocesano - espressione anche del pensiero del vescovo, monsignor Franco Lovignana - Rollandin ha detto seccato: «Libera Chiesa in libero Stato». Il riferimento storico, evidentemente nella memoria del presidente del tempo della scuola, appare tuttavia piuttosto decontestualizzato rispetto alla situazione odierna e alla chiarezza del contenuto concordatario in vigore, originato dai "Patti Lateranensi" del 1929. Ricorda la "Treccani" che "la frase venne coniata da Charles de Montalembert (1810-1870) e pronunciata più volte da Carlo Benso di Cavour, fra l'altro, nel discorso al Parlamento con cui appoggiò l'ordine del giorno che acclamava Roma Capitale d'Italia (27 marzo 1861). Il motto rimase nell'uso pubblicistico e storiografico, come aforisma efficace del pensiero dello statista sulla soluzione della questione romana nella nuova situazione determinata dalla costituzione del Regno d'Italia". Per cui, francamente, sfugge l'uso politico dell'espressione nell'attuale situazione rispetto alla temperie in cui fu coniato. Per altro, il documento sulla "Emergenza profughi: accogliere chi cerca la vita" del Consiglio pastorale diocesano pare essere così equilibrato e in punta di penna da ritenere la reazione del presidente della Regione una caduta di stile ed una gaffe istituzionale. Il Consiglio, infatti, si era molto rispettoso nelle premesse del suo ragionamento: "Senza volersi sostituire agli organi istituzionali preposti alle valutazioni e decisioni di merito ed in spirito costruttivo, pensiamo di poter condividere alcune riflessioni innanzitutto con i fedeli della diocesi e poi con tutti i valdostani che siano interessati al confronto delle idee". Così si diceva: "Le nostre riflessioni si pongono su tre livelli: culturale, sociale e politico. La dimensione culturale ci sembra la più urgente. Corriamo il rischio di perdere un valore evangelico ed umano che caratterizzava il pensare e l'agire del nostro popolo e cioè la disponibilità ad accogliere e ad aiutare il forestiero e il bisognoso d'aiuto. Una cultura sempre più concentrata sul benessere dell'individuo rischia di interpretare ogni situazione sociale problematica come contrattempo fastidioso anziché come richiamo che interpella la coscienza civica e come occasione per unire le forze nella ricerca di soluzioni condivise. Così facendo la nostra civiltà rischia di implodere e, come dice Papa Francesco, di generare una cultura dello scarto, in cui solo chi ha la forza di far valere i propri diritti conta, mentre gli altri vengono socialmente eliminati. Dobbiamo reagire. Come credenti possiamo trovare nel Vangelo e nella dottrina sociale della Chiesa tutto ciò che serve per offrire, con il pensiero, con la parola e con l'esempio, un contributo alla costruzione di un nuovo umanesimo, come auspicato dal prossimo Convegno ecclesiale italiano". Poi si aggiunge: "Come cittadini di questa bella regione ribadiamo che per la qualità civile del nostro vivere sociale accanto alle risorse economiche sono necessari umanità e spirito di solidarietà. Siccome queste considerazioni vanno ben al di là dei nostri confini, ci sentiamo impegnati a domandare e a costruire un'Europa che anche nell'accoglienza dei migranti «ritrovi quella giovinezza dello spirito che l'ha resa feconda e grande» (Papa Francesco al parlamento europeo). La dimensione sociale è rappresentata in questo momento dall'emergenza delle tante persone che arrivano nel nostro Paese per fuggire guerra e miseria. La situazione ci interroga e ci chiede solidarietà verso di loro, ma anche verso le altre comunità italiane coinvolte". Poi il pezzo più "politico": "Chiediamo che anche la nostra Valle provi a fare qualcosa di più. Anche come comunità cristiana ci sentiamo interpellati". Segue una descrizione del lavoro della "Caritas" diocesana e della cooperazione sociale, citando la "stretta e proficua collaborazione con le Istituzioni regionali" e la disponibilità delle parrocchie. E infine: "Per la dimensione politica vorremmo aggiungere la nostra voce alle tante che si sono levate in questi mesi per chiedere che i problemi legati alle migrazioni trovino adeguate risposte legislative nel nostro paese e che le istituzioni europee e mondiali ricerchino soluzioni per fermare all'origine quella che si presenta sempre più come una tratta di persone umane - indegna del ventunesimo secolo - agendo sulle cause e non solo sugli effetti. Come ha detto il presidente Mattarella per la festa dell'Europa, lo scorso 9 maggio, ci vuole «meno egoismo per affrontare in modo positivo il dramma delle migrazioni e per svolgere un ruolo efficace di pace in Africa e nel Medio Oriente»". Segue poi, a chiusura, una lunga citazione di Papa Francesco, la cui posizione è nota. Insomma, tutto fa dire che si è trattato di un documento sereno e propositivo e non c'è stata nessuna invasione di campo rispetto a poteri e competenze della Regione autonoma. Di conseguenza ogni reazione di lesa maestà - che conferma la deriva personalistica di cui inquietarsi - non ha significato.