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21 mag 2015

La mucca con i mutandoni

di Luciano Caveri

Ogni tanto mi balocco nell'idea di fare uno spettacolo teatrale sullo Statuto d'autonomia, le sue origini ed i suoi contenuti. Credo che sarebbe un modo interessante per rendere amichevole una materia fondamentale per conoscere l'ordinamento valdostano nel suo dinamismo nel tempo. E' sempre interessante, per chi abbia approfondito il diritto costituzionale, constatare come la stessa norma, identica nel passare degli anni, cambi e si trasformi a seconda dell'evoluzione della società. Il nostro Statuto del 1948 e anche i precedenti decreti luogotenenziali danno conto di una società ancora fortemente ancorata al mondo rurale: lo si vede dalle materie dell'elenco delle competenze primarie ed integrative. E forse l'agricoltura, una delle prime materie ad essere diventata di respiro comunitario (così come avvenne per la più grande industria valdostana, la siderurgia), è il settore in cui è stato più difficile bilanciare le competenze regionali con i poteri crescenti di Bruxelles, compensati almeno dall'arrivo di risorse finanziarie.

Ma oggi, al di là della retorica sui territori montani, che ogni tanto mi sgonfia le pive se non corrisponde a risultati tangibili rispetto alla facilità di protestare e di indignarsi, l'agricoltura montana - ed il settore nodale dell'allevamento - sta rischiando grosso e lo dimostra, nel suo piccolo, la Valle d'Aosta con riduzione delle aziende zootecniche, dei capi di bestiame e con un calo della redditività aziendali non dovuta solo a problemi di finanziamento pubblico, ma alla difficoltà crescente di far quadrare i bilanci e di rientrare rispetto alle esposizioni bancarie. Per cui ho sorriso di gusto quando ho letto, preso dalla stampa tedesca, quanto scritto su "MeteoWebcam": "Johann Huber, l'allevatore tedesco che ha deciso di dotare le sue mucche di pannolino affinché non fertilizzino i terreni su cui sono solite brucare. Sfruttando dei vecchi lenzuoli, l'uomo ha abbellito ogni esemplare con improbabili mutandoni, non facendosi ovviamente mancare fiocchi e decorazioni d'ordinanza. Il tutto per mandare un segnale all'Europa: questa direttiva comunitaria rischia di uccidere l'allevamento tradizionale, quello fatto di bovini liberi di pascolare nella natura incontaminata, senza le costrizioni fisiche tipiche della produzione industriale di latte e carne. Una protesta che questa volta è arrivata sicuramente a segno, data la pubblicità sui giornali, e che tali restrizioni vengano rimosse sarebbe assurdo impedire il pascolo delle mucche sui rilievi alpini". Naturalmente questo passaggio era preceduto da una spiegazione, che rendeva amarissimo il sorriso: "una nuova direttiva europea vieterà il ricorso ai fertilizzanti su colline e montagne con pendenze superiori al quindici per cento. Sebbene la decisione non sia direttamente rivolta agli animali, l'associazione degli allevatori bavaresi ha espresso viva preoccupazione: gli scarti fisiologici delle mucche, normalmente utilizzati proprio per concimare i campi, potrebbero ricadere fra i divieti poiché la direttiva non presenta alcuna esenzione speciale. Spaventati di non poter più portare i bovini al pascolo, alcuni pastori hanno deciso di passare alla protesta". Non sono riuscito a ritrovare con esattezza la norma giuridica citate, ma - trattandosi di Direttiva - in fase di recepimento di certo gli Stati (o nel nostro caso la Regione, nel processo discendente dell'applicazione della normativa comunitaria) potranno trovare forme intelligenti per salvaguardare sia il pascolo che la fertilizzazione, ma resta l'evidente paradosso di situazioni che obbligano a difese e proteste. Un caso limite, certo, ma assai significativo di come le zone di montagna finiscano per essere allegramente prese a calci nel sedere.