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03 apr 2015

Fantozzi Rag. Ugo

di Luciano Caveri

Il ragionier Ugo Fantozzi compie quarant'anni come personaggio cinematografico e la mia generazione si inchina al suo augusto pensiero, che ha penetrato la nostra gergalità e pure un certo umorismo collettivo. Il Ragioniere è figlio dei miei tempi ed oggi ne possiamo parlare, pur essendo ancora vivo il suo creatore Paolo Villaggio (grandemente incarognito dal tempo e divertito nel da giocare il ruolo di «quello un po' rincoglionito»), come se fosse morto e vivente solo su carta e pellicola. L'autodescrizione da italiano medio tendente mediocre di Fantozzi è nota ed è una confessione alla celebre moglie, la signora Pina: «...Io, Pina, ho una caratteristica: loro non lo sanno, ma io sono indistruttibile, e sai perché? Perché sono il più grande "perditore" di tutti i tempi. Ho perso sempre tutto: due guerre mondiali, un impero coloniale, otto - dico otto! - campionati mondiali di calcio consecutivi, capacità d'acquisto della lira, fiducia in chi mi governa... e la testa, per un mostr... per una donna come te».

Io avevo una decina d'anni quando, nelle domeniche davanti al televisore, spuntò in "Quelli della domenica" questo Villaggio, comico genovese, agro e terribile, rappresentante perfetto dell'antiretorica dell'Italia del boom economico con questo sfigato di impiegato medio, che rappresentava l'aria dei tempi più di tanti volumoni. Villaggio disse che il cognome fosse stato tratto da un impiegato dell'Italsider, dove aveva lavorato, ma penso che fosse l'ennesima presa in giro di un uomo bizzarro e intelligente, sempre canzonatore e borderline. Ma per me l'illuminazione fu nel 1972 il primo libro su Fantozzi - letto nel periodo natalizio - e che fu un successo enorme e che vinse - anche se sembra uno scherzo fantozziano - il premio russo "Gogol" nella sezione "migliore opera umoristica" proposta in cirillico. E noi ragazzi copiavamo a scuola e in compagnia il grande Villaggio della televisione e - per chi lo aveva letto - del suoi libri, cominciando dal maltrattare i congiuntivi, come faceva in coppia con il suo collega Filini, eterno perdente: Filini: «Allora, Ragioniere, che fa, batti?» Fantozzi: «Ma, mi dà del tu?» Filini: «No, no, dicevo, batti lei?» Fantozzi: «Ah, congiuntivo?» Filini: «Sì!» Fantozzi: «Aspetti...».

Nel 1975 esce - ecco l'anniversario di queste ore - il primo film, dal semplice titolo "Fantozzi", tratto dai libri del personaggio e diretto da un altro artista conosciuto attraverso la televisione, con il suo sorriso sbilenco, Luciano Salce. Quello fu un cambio di propagazione della parlata fantozziana, perché la moda diventò costume sino a penetrare con tante espressioni nella lingua italiana e mi accorgo di averne ancora traccia in certi miei intercalare. «Abbigliamento di Filini: gonnellino-pantalone bianco di una sua zia ricca, maglietta "Lacoste" pure bianca, scarpe da passeggio di cuoio grasso, calza scozzese e giarrettiere, doppia racchettina liberty da volano; Fantozzi: maglietta della "Gil", mutanda ascellare aperta sul davanti e chiusa pietosamente con uno spillo da balia, grosso racchettone del 1912, elegante visiera verde con la scritta "Casinò Municipale di Saint Vincent"». Quando Saint-Vincent contava qualcosa era pure nel look di Fantozzi... Oggi i ragazzi ridono alla vista dei vecchi film, ma è difficile che riescano - per ovvie ragioni - a contestualizzare bene certi passaggi. La frase su "La corazzata Potëmkin" che è «una cagata pazzesca» la si può leggere solo ricordando, avendoli vissuti, i terribili cineforum anni Settanta, inflitti a noi studenti. Il "Megadirettore Galattico" ed i suoi divani in pelle umana sono il segno di quella società ancora profondamente classista e di organizzazioni aziendali ormai sparite, per altro in parallelo con la scomparsa della grande industria in Italia. Oggi i "Fantozzi" sono i finti tempi indeterminati del "Jobs Act" e le partite IVA in scacco dalle tasse. Ma Fantozzi (o "Fantocci" come veniva chiamato con disprezzo dai superiori) non va vissuto con nostalgia e, in fondo, il trascinamento oltremisura del personaggio, anche per la sempre proclamata avidità di denaro del suo creatore, è stato letale come un'eutanasia. Fantozzi Rag. Ugo è stato, dunque, un segno dei tempi e come tale va considerato.