Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
02 mar 2015

Sulla Constituante

di Luciano Caveri

Ho fatto il moderatore della Constituante nella prima uscita pubblica a Cogne ed ho giocato sinora questo stesso ruolo. Ho cercato di farlo in modo garbato, sapendo che ci sono tante sensibilità in gioco ed è più importante trovare una sintesi che lasciare libero spazio alle proprie fantasie e speranze, massaggiando il proprio ego. Poi si vedrà in vista dei prossimi incontri e delle successive manifestazioni e del cammino che verrà prescelto per giungere ad una riflessione sul futuro istituzionale della Valle. Sapendo che non si è di fronte ad uno scenario in cui si è i soli protagonisti, ma ogni forma di autodeterminazione deve fare i conti con il contesto politico e costituzionale in cui si è inseriti. Una sovranità, per così dire, limitata e spetta alla negoziazione politica ampliare gli spazi di libertà in cui muoversi. Bisogna farlo con circospezione e senza sbagliare le mosse e, nel limite del possibile, condividendo il più possibile e sapendo che la palla andrà infine al Consiglio Valle.

Di queste cose me ne occupo per un reale interesse e non per chissà quale vantaggio recondito. Ho avuto la fortuna di fare molta pratica di riforme costituzionali e di studiare la materia. Ho anche avuto il piacere di verificare che ci sono tante persone in Valle che capiscono come certi temi - apparentemente aridi o distanti - sono invece delle basi giuridiche decisive. Chi ne vuole prescindere prende un abbaglio o percorre strade populiste a fondo cieco. Capisco che attorno a questa iniziativa ci siano chissà quali dietrologie: ognuno commenta come vuole, per fortuna, e personalmente sono il primo a togliere al titolo "Constituante" ogni eccesso di presunzione. Ho letto, però, delle articolesse spassose in questi mesi e spesso sono dei mantra che leggo da anni. Ci sono persone fissate che girano sempre in tondo, come avviene in certi balli ipnotici. Inutile fermarli e discutere con loro: hanno una loro idea fissa e a quella si attengono, uniformando il mondo attorno a loro ad un "pensiero unico" (o "stupendo", come cantava Patty Pravo). Ma una critica vale la pena di essere ripresa. Mi riferisco a chi concepisce la Storia come grandi movimenti di folla e rimprovera alla Constituante di essere una sorta di élite intenta a scrutare il proprio ombelico. No folla, no party: verrebbe voglia di scherzarci sopra. Penso, invece, che un pensatoio sia propedeutico all'esatto contrario e cioè ad un tentativo molto pratico di scrivere documenti resi per una volta comprensibili, fuori dal linguaggio dei giuristi e dei politologi, che sappia offrire alla riflessione di tutti degli argomenti difficili. Non è impossibile farlo e anzi questa volta è necessario arrivarci in modo onesto e solleticando i cervelli e non le pance, che è esercizio sempre più facile. La posta in gioco sono il nuovo perimetro dell'Autonomia speciale. Sapendo che siamo in una fase in cui nessuno regala niente a nessuno e in cui rifarsi a un passato rassicurante non serve a nulla. I legami pattizi o i diritti acquisiti attirano come mosche chi ama i revisionismi spiccioli e rozzi. È più facile distruggere che costruire e dunque, impostando qualunque ragionamento, o hai una comunità che ti segue e ti supporta oppure una volta uscito dalla trincea rischi di trovarti in una terra di nessuno dove ti sparano gli uni e gli altri. Io penso che ci sia tutta la possibilità per lavorare bene e devo dire che già i primi passi mi hanno arricchito. Anzi devo dire di avere avuto la consapevolezza - mi ripeto - che sono tanti a volersi esprimere e non solo rifacendosi, come facciamo tutti, ai Padri fondatori e alla storia passata. Ma che ci sia voglia di attualizzare e rendere contemporanei certi pensieri che rischiano, pur nobili che siano, per essere considerati importanti ma che potrebbero apparire - anche a torto - come anacronistici e polverosi. Questo perché tutto deve essere sempre contestualizzato e fatto proprio qui ed oggi, come un seme che dà vita ad una pianta che si rinnova. Non viviamo in un museo ma in un mondo dinamico da capire e da conoscere per fare le mosse giuste. Evitando quel rischio evocato da Georges Bernanos: "La réforme des institutions vient trop tard, quand le coeur des peuples est brisé".