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01 mar 2015

La Svizzera e il suo franco

di Luciano Caveri

Leggevo ieri l'incipit di un articolo sul sito di "Euronews", che ridendo e scherzando è una delle poche redazioni davvero con un respiro europeistico, che raccontava una storia che ci interessa. Da una parte perché rende più competitivo il turismo invernale valdostano, dall'altra però che può avere effetti negativi per chi, come me, ammira la Svizzera e ama andarci di tanto intanto. Così dice la giornalista Valérie Gauriat ed è tutto un programma: "Neve, sole e tanti sciatori. Una scena normalissima in una stazione sciistica in questa stagione. Non però in Svizzera, dopo la brusca rivalutazione della valuta nazionale nei confronti dell'euro. Il 15 gennaio scorso, la decisione della "Banca centrale elvetica" di non intervenire più sui mercati per impedire al tasso di cambio di scendere sotto la soglia minima di un franco e venti per euro ha messo in ginocchio il settore turistico".

Più avanti si legge ed è altrettanto significativo: "Pesanti ripercussioni sono state avvertite dalle imprese esportatrici e dai loro fornitori, che concorrono alla metà del "Prodotto interno lordo" nazionale. Bernard Rüeger, presidente della "Rüeger SA" che costruisce apparecchi per misurare temperatura e pressione, esporta il 90 per cento dei suoi prodotti: «L'impatto immediato che abbiamo avvertito è sulle fatture aperte: vale a dire che i fornitori erano stati pagati prima del 15 gennaio, mentre noi abbiamo incassato solo adesso. In questi casi, la perdita è stata del venti per cento. Sul lungo termine, abbiamo dovuto prendere misure rapide per rimanere concorrenziali con i nostri amici francesi e tedeschi, che sono improvvisamente più economici del venti per cento. Questo ci ha costretto ad abbassare subito l'insieme dei nostri prezzi. Ma per assorbire un impatto di questo tipo ci vorranno dai due ai tre anni. Sarà difficile adeguarsi a questa decisione della Banca centrale». Le previsioni di crescita per il 2015 sono state ridotte di un quarto. La conseguenza è che molte imprese temono di essere costrette e ridimensionare drasticamente i loro progetti di sviluppo". Aggiungiamo che alcune multinazionali incominciano a pensare di lasciare la Confederazione o di ridurre la loro presenza. Ma leggiamo che cosa Edoardo Bianchi ha scritto giorni fa su "La Repubblica": "Il cambio si sente. Non solo da un punto di vista monetario. La parità fra franco svizzero ed euro non è un semplice adeguamento economico e finanziario. Coinvolge abitudini, lavori, scambi, vecchi vantaggi. E i primi effetti, anche visivi, si avvertono tra quel folto popolo chiamato frontalieri. Uomini e donne che vivono in Italia e che ogni giorno vanno a lavorare in Svizzera. Una fetta della popolazione quasi privilegiata. Guadagnava un salario svizzero che spendeva poi in Italia. E poi c'era il caro vita, superiore in Ticino, ma agevolato per alcune spese. Benzina, sigarette, vestiario, cibo. Adesso tutto questo non c'è più. I frontalieri sono a serio rischio e con essi l'indotto creato dalla loro presenza". Questo aspetto riguarda anche un certo numero, non credo elevatissimo, di valdostani. Ma dicevamo all'inizio delle chances per chi voglia sfruttarle in Valle. Turismo e commercio sono certamente quelli che possono drenare di più dalla situazione elvetica al di qua delle Alpi (sia svizzeri che turisti dirottati qui per i vantaggi monetari) e pare che qualche impressione confortante ci sia. Fra il serio e il faceto un amico del settore mi diceva: «uno svizzero è venuto a comprare un orologio qui in Valle!». Aggiungo che le imprese valdostane che lavoravano di là sono, invece, meno agevolate. Spiace segnalare, invece, per chi ami la Svizzera, come cessino alcune abitudini di turismo pendolare per i prezzi cresciuti alle stelle. Confesso che avevo guardato con interesse il fitto programma del Bicentenario dell'ingresso della République du Valais, nostri vicini e amici, nella Confederazione Elvetica, che dimostra per altro come la Storia delle aggregazioni politiche in area alpina non sia così remota. C'è un programma ricchissimo e stimolante che prende il via dalle prossime settimane e che incrocia anche - come possibile punto in comune, che mi pare purtroppo poco sviluppato - i 150 anni dalla prima scalata del Cervino (prima Edward Wymper dalla parte svizzera, poi Jean-Antoine Carrel dalla nostra). Purtroppo con il franco così forte ogni spostamento ha un costo elevato, anche se si stanno prendendo contromisure di vario genere per evitare impatti ancora più disastrosi. Per favore, amici vallesani e romandi in genere, fate ragionare le vostre autorità monetarie e finanziarie per trovare un modo per raffreddare i prezzi in modo rassicurante!