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31 gen 2015

Tsipras fra promesse e Realpolitik

di Luciano Caveri

Non è facile parlare della vittoria in Grecia di Alexis Tsipras e forse per questo non ho commentato a caldo. Non lo è, anzitutto, perché i giudizi espressi sui "social" sono in larga parte frutto di un'adesione emotiva. Esiste una sorta di soddisfazione che qualcuno prenda a calci nel sedere l'Austerità imposta dall'Unione Europea e, nel caso italiano, emerge anche l'antico livore verso la Germania. Poi esiste una tifoseria, specie in Italia, che prende il volo quando si manifesta un vago afflato rivoluzionario con pugni chiusi, bandiere rosse e "Bella ciao" (canzone che amo e che so cantare a memoria, ma usata nel contesto che le è proprio). Ciò non vale solo per la Grecia, ma è un fuoco che arde per qualunque scenario internazionale (anzi... internazionalista) e prescinde spesso da conoscenze specifiche, trattandosi il più delle volte solo e legittimamente di passione.

Se si leggono le dichiarazioni di Tsipras delle ultime settimane, quando ha dovuto mettere acqua nel vino per evitare che una parte di elettorato si spaventasse, direi che il giovane politico greco sa bene che, finito il momento della propaganda, ora toccherà ragionare con Bruxelles e con i partner europei. Compresa l'Italia, che ha un'esposizione con la Grecia di quaranta miliardi di euro prestati, cifra che fa tremare i polsi, specie rispetto al già scalcagnato sistema bancario italiano. In una logica di integrazione europea, è sempre bene trovare soluzioni intelligenti e ragionate, ma non si può neanche pensare - nel complesso sistemi di rapporti stabiliti con il "salvataggio" della Grecia - che un cambio di Governo operi con una logica di cancellazione di ogni accordo pregresso, come se nulla fosse. Non ho la presunzione di fare chissà quali analisi. Ma la frequentazione in Europa di politici greci e qualche viaggio di lavoro, ma anche per turismo, mi hanno acceso qualche lampadina. Una premessa è d'obbligo: nel ragionare di Grecia non sono neutrale. Chi, come me, abbia una formazione umanistica, quando va in quel Paese resta sempre stupefatto, perché fa corrispondere i propri studi con la realtà geografica di oggi. Certe versioni di greco (antico e come tale parente molto distante dal greco moderno), che erano una rottura di scatole per trovarne il senso nella traduzione, ti tornano in superficie, quando visiti luoghi simbolici di quella antica civiltà su cui si basa, di certo, anche una parte della costruzione europea contemporanea. Poi i greci sono simpatici e ospitali. Un popolo mediterraneo, ma anche in parte montanaro nelle sue zone interne, con cui è facile socializzare. Ma esiste anche un Paese divorato da fenomeni corruttivi e che ha una macchina dello Stato inefficace. Molte delle magagne odierne non sono solo dovute ai "cattivi" dell'Europa, ma sono l'esito di una politica interna inefficace e consociativa e di una vita al di sopra delle proprie possibilità con un Welfare cui non corrispondeva un sistema fiscale efficace. E' vero che l'atteggiamento europeo è stato più distruttivo che costruttivo, ma è anche il risultato - e posso testimoniarlo per quel che ho visto a Bruxelles - di un atteggiamento lasso e un po' furbesco assunto da certi esponenti greci in certi passaggi nel dialogo instaurato a livello comunitario. Poi, naturalmente, c'è la constatazione di come la rudezza e la rigidità dell'Unione Europea si siano riversate sul popolo greco, creando situazioni di disagio e di povertà che hanno fatto paura e sono stati anche in Italia un punto di riferimento in negativo, come uno spauracchio di cui tenere conto. Ora si tratta di capire cosa capiterà, e non è facile immaginare i prossimi passaggi. L'Unione Europea ha certamente bisogno di riottenere la fiducia dei cittadini, che vedono Istituzioni lontane e scarsamente comprensibili nei loro meccanismi di funzionamento. Ancora oggi la Politica si piega troppo ai desiderata di una burocrazia fattasi cervellotica, per cui diamo - come un buon esempio - una svolta sulle storture europee (e italiane ad adiuvandun) attorno al "Patto di stabilità". Ma l'ingombrante presenza in Grecia dei neonazisti (e oggi, lo ricordo, è il "Giorno della Memoria", che evoca gli orrori dell'Olocausto) offre lo spunto per riflettere su come, chi ci crede, debba lavorare per ridare credibilità a quella Democrazia, i cui rudimenti sono nati e sono stati discussi proprio nel seno dell'Antica Grecia. L'alternativa a trovare nuovi equilibri è la dissoluzione del processo d'integrazione europea e sarebbe un male terribile per tutti.