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18 gen 2015

La prevalenza dei Social

di Luciano Caveri

Fra l'attentato terroristico alle Torri Gemelle del 2001 con le sue spaventose conseguenze e i terribili fatti parigini di questi giorni c'è di mezzo - nel mondo ormai sempre più multiforme dell'informazione - l'irruzione di Internet e di conseguenza dei "social". Sono fenomeni, derivanti dalle nuove tecnologie, in continua trasformazione, che costringono non solo ad aggiornarsi, ma a capire continuamente come orientarsi in questi stessi cambiamenti. Questo alla fine vale sia per avvenimenti che avvengono su scala mondiale e proporzionalmente anche per quanto avviene in ristrette zone geografiche, come può essere la piccola Valle d'Aosta, che si configura come utile area test.

Allora, come tutti, seguii principalmente dalle televisioni l'evolversi dei fatti, agevolati dalla tragica circostanza che New York ospitava potenti reti televisive, che diedero il senso della forza sconvolgente delle immagini. Fu un orrore in diretta senza precedenti analoghi e oggi chi studia i media non può prescindere da quelle ore e dalla risonanza mondiale degli avvenimenti. Forse neppure gli attentatori avrebbero potuto pensare che le loro gesta esecrabili avrebbero creato una ridondanza così estesa. Oggi, invece, sono stati di più social - specie il più versato per l'informazione, cioè "Twitter" - a farla da padroni, così come per il consumo domestico (le redazioni godono del flusso delle agenzie da stampa) sono stati "cliccati" moltissimo i siti dei grandi organi di informazione francesi. Internet oggi giganteggia e la Rete ormai comprende e mischia tutti quei media un tempo divisi. Ma i social, nel flusso ininterrotto e caotico, dimostrano alcuni problemi seri di credibilità e i fatti francesi ne sono stati un esempio rimarchevole. Purtroppo il controllo della bontà delle fonti non ha funzionato e non solo per i semplici utenti che hanno ripreso e amplificato notizie infondate, ma anche per i professionisti dell'informazione - ormai ossessionati dalla rapidità - che hanno spesso preso per buone informazioni dimostratesi sbagliate e persino fuorvianti. Si succedeva un fenomeno di scoop presunti con immediata rettifica subito dopo, fragilizzando la qualità dell'informazione e la credibilità di chi ci lavora. E' una materia delicata e difficile da regolamentare e non solo di fronte a situazioni eccezionali, come nel caso dei fatti susseguenti alla tragica strage nel giornale "Charlie Hebdo". Anche nella normalità del funzionamento dei Social ci sono situazioni che stridono. Persone normali finiscono per atteggiarsi a giornalisti e commentatori senza averne caratteristiche e capacità. I giornalisti spesso giocano con la difficile arte dell'ironia o del sarcasmo, finendo per giocarsi una parte della loro credibilità, anche se in cuor loro pensano di essere degli opinion leader. In più esiste la vasta gamma degli "anonimi" che spadroneggiano forti di una specie di presunta immunità, che dovrebbe consentire loro di insultare e furbeggiare. Tutto ciò comporta non solo errori grossolani ma il rischio di notizie infondate (anche diffuse ad arte), che possano diffondere panico e paure, prima di essere debitamente corrette. Ma ormai le regole deontologiche, che pure interessano l'Ordine dei giornalisti che ne ha fatto la materia principale dei corsi di formazione continua, sono messe sotto i piedi non solo da troppi giornalisti, ma specie da chi "s'inventa" giornalista, sbattendosene di regole e codici.