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25 nov 2014

La forbice fra Giustizia e Diritto

di Luciano Caveri

La notizia colpisce con violenza: il processo "Eternit" si chiude con una sentenza di prescrizione per l'ultimo imputato rimasto, il novantenne magnate svizzero Stephan Schmidheiny. I giudici di Cassazione hanno accolto la tesi della Procura Generale, espressa dal sostituto, Francesco Iacoviello, che ha sostenuto l'annullamento, motivando che i fatti risalirebbero agli anni '60 e, per tale motivo, prescrivibili. Questa la spiegazione della Procura Generale: «I fatti al centro del processo risalgono al 1966. Il processo arriva a notevole distanza di anni, è vero che la prescrizione non risponde alle esigenze di giustizia, ma stiamo attenti a non piegare il diritto alla giustizia. Di fronte a questi, il giudice, soggetto alla legge, deve scegliere il diritto». In fondo è la Giustizia che affonda la Giustizia, pur con tutte le ragioni invocabili del caso. I fatti sono noti: nelle zone di Casale Monferrato, Cavagnolo, Rubiera e Bagnoli, gli stabilimenti della "Eternit", anche quando la pericolosità dell'amianto era nota, hanno continuato ad avvelenare dipendenti delle fabbriche e popolazione. Almeno 3.500 morti, che fossero operai o impiegati, le mogli che lavavano i vestiti, i bambini che giocavano nei cortili ricoperti dalla polvere perniciosa o i vecchietti che giocavano a bocce in campi dove inalavano le sostanze tossiche. Un killer silenzioso in grado di agire a decenni di distanza, come capita ancora oggi, con l'implacabile mesotelioma ai polmoni, che nel 2014 ha seppellito a Casale ancora una cinquantina di persone. Processi analoghi si sono avuti altrove e c'è un procedimento in corso a Ivrea per l'"Olivetti", ma questo processo che si è chiuso al Palazzaccio di Roma aveva un valore esemplare per la battaglia civile condotta per decenni dai parenti delle vittime, ora beffate in punta di diritto. Interpreti in fondo di un caso esemplare, pensando appunto alle tante vittime che si sono avute anche altrove, come pure in Valle d'Aosta nella siderurgia e nell'edilizia proprio per gli usi protettivi e nelle costruzioni che si faceva dell'amianto. E l'Eternit è ancora lì minaccioso in molte costruzioni nella nostra Regione. L'Arpa valdostana, a questo proposito, predispose studi accurati, con l'uso anche di tecnologie sofisticate, su quattro filoni: impianti industriali attivi o dismessi, presenza naturale (anche in certe varietà di marmo verde), edifici pubblici e privati e infine altre presenze di amianto in attività antropiche che mostrano come la sostanza venne usata in vario modo. Questo ha comportato morti più o meno note alla casistica medica. Il caso più importante in Valle riguarda la bonifica in corso della miniera dismessa di amianto di Emarèse. Questa miniera, a cielo aperto e in galleria, venne scoperta nel 1872 ed è stata coltivata, a fasi alterne, fino al 1970. Inutile segnalare le conseguenze su chi ci lavorò e la necessità di chiuderla definitivamente per evitare la dispersione di sostanze nocive.