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15 nov 2014

Il vergognoso Toto-Quirinale

di Luciano Caveri

Il Presidente Giorgio Napolitano, con il suo aplomb, non ha nulla del napoletano verace, così come viene rappresentato con una caricatura. E' la sua, invece, la Napoli colta e intellettuale, direi cosmopolita. Ma il suo tratto apparentemente severo non gli impedisce - per chi ha avuto la fortuna di conoscerlo - un umorismo tagliente e una capacità di giudizio implacabile. La "scuola comunista" di un tempo, come una Chiesa, formava i futuri cardinali con uno spessore di conoscenza raro e questo prescinde da qualunque legittimo giudizio politico sulla sua carriera. A me, comunque, i "miglioristi", di cui Napolitano è stato leader, sono sempre piaciuti per il tentativo di dare una sterzata socialdemocratica e in parte liberale al vecchio Partito Comunista Italiano. Ma torniamo al punto: immagino che il Presidente in queste ore, oltre ad avere tutte le ragioni per essere arrabbiato per una sorta di sepoltura anzitempo, la prenderà con spirito e magari con un pizzico di scaramanzia partenopea contro la congerie di menagrami. I fatti sono noti: rieletto nell'aprile 2013 Presidente della Repubblica - caso unico nella storia repubblicana - aveva detto subito che accettava l'incarico "obtorto collo", ma precisando che se ne sarebbe andato anzitempo dal Quirinale senza aspettare la primavera del 2020. Esiste di certo una sua scelta anagrafica in questo, essendo del 1925, ma penso che pesi anche un crescente disamore per certa politica. Non compartecipo - e sono sicuro che lo stesso Napolitano concordi - al rimpianto di alcuni per la "Prima Repubblica", ma certo gli attuali chiari di luna non rappresentano una miglioria sostanziale. Anzi certi accordi più o meno segreti fanno il verso al peggio del peggio del passato. Per cui penso che il Presidente ne abbia le scatole piene di fare da argine a mille situazioni e immagino - ma è una mia speculazione - di essersi accorto che in troppi si nascondono dietro la sua persona per fini non sempre nobilissimi. Voglio bene al Presidente e lo stimo profondamente. Il che non significa che certi passaggi dell'ultimo periodo mi abbiano convinto, come alcuni silenzi su un eccessivo svilimento del Parlamento da parte del Governo Renzi, così come quella parte anti-regionalista della riforma costituzionale in corso, che il federalista Napolitano non credo possa condividere. Quel che appare agghiacciante in queste ore, quando si è sparsa ad arte la notizia di un suo abbandono alla fine dell'anno, è come tutti si siano lanciati nel "Toto-Presidente". Una gazzarra indegna, cui hanno partecipato anche coloro i quali erano tenuti al rispetto e alla prudenza, come la magniloquente presidente della Camera, Laura Boldrini, che si è affrettata a dire che il nuovo Presidente dovrà essere donna. Spero che Napolitano l'abbia chiamata per dirle che «il silenzio è d'oro» in certi frangenti, anche se la posizione ufficiale si è limitata al Quirinale a un sobrio «né falso, né vero». Segno che Napolitano vuole uscire di sua sponte e senza... spinte (scusate la battutaccia). Ma questa è l'Italia del cortocircuito fra politica e informazione. Contano più i retroscena della sostanza, più i pettegolezzi delle notizie. Per fortuna sui giornali ci sono ancora editorialisti di rango, che giustificano, con le loro riflessioni, l'acquisto dei quotidiani, quasi tutti impegnati alla caccia delle notizie segrete, clamorose o piccanti, considerando - come facevano i venditori di elisir delle fiere di piazza - che solo la straordinarietà soddisfi il palato del lettore. Quando bastano e avanzano le notizie e i commenti, magari non mischiando le due cose in quei "pastoni" politici degni forse della vecchia "cronaca rosa". Comunque sia, per ora e sul punto, che si lasci perdere tutto lo starnazzo sulla successione a Napolitano.