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15 ott 2014

Tutto scorre

di Luciano Caveri

Ormai se parli di speculazione ti vengono in mente le vecchie immagini caotiche (oggi è tutto un glaciale operare via computer) delle Borse tra urla e gesti forieri di rialzi, ribassi e fregature per i risparmiatori. In realtà esiste una versione buona della parola "speculazione" e cioè quel ragionare su un certo argomento, guardando - come facevano le vedette di un antico esercito - la situazione da un'altura. Trovi uno spunto, guardandoti attorno, e torna alla mente un'espressione. E ne trovi la sintesi mirabile, meglio di come sapresti fare tu, nella solita "Treccani". Si tratta di "pànta rèi" (in greco "πάντα ῥεῖ - tutto scorre"): "Proposizione con cui si suole spesso caratterizzare la dottrina di Eraclito (ma l'espressione non ricorre nei frammenti rimasti della sua opera) sottolineando l'eterno divenire della realtà paragonata a un fiume che solo apparentemente rimane uno e identico, ma si rinnova e si trasforma continuamente. La frase è usata nel linguaggio comune (allo stesso modo che le equivalenti "tutto scorre", "tutto passa"), talora ironicamente, per alludere all'instabilità della condizione umana e all'effimera durata di ogni situazione". Eraclito è stato un filosofo greco, piuttosto snob, vissuto fra il VI e il V secolo a. C. ad Efeso, sull'Egeo (anche se oggi si trova a qualche chilometro dal mare per via dell'interramento del porto dell'antichità), nell'attuale Turchia. Ma la sua espressione attraversa il tempo, anche se - come detto - lui papale papale non l'ha mai usata. Io ne faccio un uso esclusivamente ironico, impiegato nei confronti di quelli che, anche in politica, si lasciano vivere, nella speranza che qualcosa capiterà. Un fatalismo che finisce per essere inazione. Mentre personalmente credo che lasciar (s)correre non sia una buona scelta. Per altro, speculare all'immagine del fiume che scorre, c'è il famoso detto cinese "Siediti lungo la riva del fiume e aspetta, prima o poi vedrai passare il cadavere del tuo nemico". Meglio essere proattivi e cioè determinare i cambiamenti piuttosto che assecondarli, subendo quel che capita. Se l'espressione "cadavere del nemico" non mi piace perché carica di una violenza che non mi appartiene, diciamo che vedere passare il proprio nemico (meglio dire "avversario"?) dentro un canotto con destinazione mare aperto non è cosa che mi turbi. Ma direi che dentro il canotto è meglio mettercelo, piuttosto pensare che ci entri da solo o operi a questo scopo il Fato (il destino, il caso, la sorte…) al posto nostro. Naturalmente - ma sembrerebbe scontato - sarebbe folle raggiungere a nuoto il canotto e condividerlo "per vedere l’effetto che fa", usando il celebre refrain di Enzo Jannacci. Questo ragionamento della navigazione vale per la minuscola Valle d'Aosta, guscio di noce in un mare sempre più tempestoso. La situazione è così grave e degradata da lasciare senza fiato. Stupisce che questa situazione - che ha responsabili con nome, cognome ed indirizzo e motivi dei flop - non abbia ancora sortito una quarta "Révolution des Socques" (dopo quella del 1799 e delle due di inizio Ottocento), usando l'espressione in una logica contemporanea e cioè di moto popolare contro le condizioni in cui versa la Valle d'Aosta. Eppure ormai il capolinea, che riguarda la credibilità e forse pure l'esistenza dell'autonomia speciale, sta per essere raggiunto e da lì in poi ci sarà un punto di non ritorno, quando cioè si è ormai ad un punto non più reversibile di un processo. In questo la Storia dovrebbe insegnarci molto. Per cui, ciò detto, è bene proseguire operazioni di cambiamento. Cambiamento: mutare di una situazione non gattopardismo (atteggiamento di chi in apparenza appoggia le innovazioni, ma in realtà non vuole cambiare nulla di sostanziale e mira solo a conservare tutto come prima).